Non è andata giù a Beppe Grillo il coinvolgimento di Giovanni Favia, consigliere regionale del M5S in Emilia Romagna, nella vicenda delle interviste a pagamento in tv. Favia ha ammesso l’utilizzo di fondi pubblici per farsi intervistare su alcune emittenti locali, e ciò ha provocato l’ira dell’ex comico genovese, che sul suo blog ha bacchettato il consigliere: “Pagare per andare in televisione per il Movimento 5 Stelle è come pagare per andare al proprio funerale, anche se è certamente lecito. I soldi pubblici e il M5S sono inconciliabili”.
Non sarà piaciuta a Grillo, probabilmente, la giustificazione del “così fan tutti”, sorprendente per un Movimento che ha come scopo proprio quello di distinguersi dalla massa indistinta e disonesta dei partiti. Oppure sarà stata la conclusione di Favia ad irritarlo (“Fino al giorno in cui in Italia non ci sarà un’informazione libera continueremo a pagare”), un po’ insolita per chi fino a ieri rifiutava qualsiasi dialogo con i giornalisti, figure pericolose in quanto pagate – sic! – da chissà chi.
Senza sottolineare che “quelle spese documentate sul sito del Movimento”, che Favia cita orgogliosamente, in realtà nessuno sa dove si trovino, e il consigliere sempre orgogliosamente evita di rispondere ai tanti cittadini che chiedono di pubblicare la pagina internet che ospiterebbe tali documenti.
Ma l’apoteosi si è raggiunta con la risposta di Favia al leader: “Avrei preferito che Grillo nel suo comunicato spiegasse meglio la questione. Capisco che si senta attaccato, ma non ho fatto un utilizzo illegale dei finanziamenti della regione”. Stupisce, infatti, che la difesa del consigliere si concentri sulla legalità o meno del proprio comportamento, nonostante il Movimento da sempre si ponga come principale obiettivo quello di valutare le diverse condotte non solo dal punto di vista meramente giudiziario, ma soprattutto morale.
L’altra considerazione che la vicenda permette di avanzare riguarda la natura padronale del Movimento. E’ Grillo l’unico in grado di valutare l’operato dei suoi rappresentanti, nessun’altro può farlo. Se emerge un caso, come questo delle interviste pagate, tutti i “movimentisti”, per comprendere quale lettura dare e quale strada intraprendere, devono aspettare che giunga un comunicato dall’alto.
Bisogna, insomma, necessariamente attendere che da una villa di Genova venga scritto un post su un blog, sul quale, poi, nessuno potrà avanzare alcun tipo di critica. Neanche se, per dispensare insegnamenti di democrazia, si decide di citare Benito Mussolini.
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