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15/11/24 ore

Allungare la prescrizione, la ricetta avariata contro la corruzione


  • Ermes Antonucci

Sull'onda dell'ennesima campagna mediatico-emotiva, emersa dopo il caso-Incalza, la Camera ha approvato in fretta e furia il ddl che aumenta i tempi della prescrizione per i reati di corruzione. Il provvedimento, in particolare, prevede che il termine di prescrizione base per i reati di corruzione propria, impropria e in atti giudiziari, aumenti della metà (fino a 12 anni, dagli 8 previsti dalla legge Severino), e che inoltre questa resti sospesa per due anni dopo la sentenza di condanna in primo grado e per un anno dopo la condanna in appello.

 

Il ddl sulla prescrizione va letto in combinazione con l'altro, più vasto, provvedimento anti-corruzione ora sotto esame in Senato, che verrà probabilmente approvato il prossimo primo aprile. Il ddl (che vede schierati Pd e Ncd compatti, a differenza di quello appena varato a Palazzo Madama) inasprisce le pene per i reati legati alla corruzione, come peculato, corruzione per l'esercizio della funzione, e corruzione in atti giudiziari.

 

L'aumento combinato di pena e prescrizione, insomma, è ancora una volta la ricetta magica individuata dal governo e dai partiti per risolvere agli occhi dell'opinione pubblica la piaga endemica della gestione corruttiva della cosa pubblica. Si tratta, tuttavia, come è ben evidente, della solita scorciatoia demagogica di un regime illiberale - di una società, appunto, delle conseguenze - che piuttosto che interrogarsi sulle cause del fenomeno, in questo caso la corruzione, preferisce concentrarsi solo sulle conseguenze di quest'ultimo (pene, prescrizioni ecc.), col risultato di porre delle semplici toppe, momentanee e scadenti, a problemi che invece necessiterebbero di ben'altri trattamenti, strutturali e ragionati.

 

Non dovrebbe sorprendere, allora, che di fronte all'approccio manifestato dalla maggioranza attorno alla questione corruzione, gli avvocati penalisti abbiano da tempo avviato lo stato di agitazione contro un "allungamento indiscriminato dei termini di prescrizione" che, con le modalità di cui sopra, "viene rappresentata come oramai insopprimibile e non più procrastinabile, come se la riforma della prescrizione fosse la palingenesi di tutti i mali della giustizia".

 

Così come non sorprende la risposta alle critiche dell'Unione delle camere penali giunta a stretto giro dalla presidente della commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti (Pd), incentrata polemicamente sul fatto che "in nessun altro paese quando lo Stato si è messo in moto per accertare un reato il processo rischia di finire per prescrizione". Con la convinzione erronea, ancora una volta, che la critica riguardi il merito (l'allungamento della prescrizione, che pur può essere accettata per i reati che vedono coinvolto lo Stato) e non, bensì, il metodo (il voler risolvere il problema della corruzione con pene più alte piuttosto che con leggi semplici e precise sulla p.a., le nomine, gli appalti pubblici, la trasparenza).

 

 


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