Aspettando l’insediamento ufficiale al Quirinale, Sergio Mattarella si gode la proverbiale luna di miele del neopresidente. Il “palazzo” che lo ha eletto canta vittoria a prescindere, in un coro che accomuna tutti i condomini del cosiddetto arco costituzionale.
Come accadeva nella prima repubblica grazie al sistema proporzionale che consentiva a tutti i partiti di dire, decimale più decimale meno, confrontando i consensi strumentalmente con questa o quell’altra consultazione, di essersi aggiudicati le elezioni, con Mattarella – e qui sta il vero capolavoro renziano –tutti – a sentirli – possono ritenersi in qualche modo soddisfatti e vincenti.
Tolti Renzi e la sua truppa, ovviamente, hanno così vinto quelli che non avrebbero mai puntato su un nome espressione del patto del Nazareno; hanno vinto quindi la sinistra estrema di Vendola e la cosiddetta minoranza bersaniana del Pd. Hanno vinto, manco a dirlo, gli eredi della sinistra dc,con una commossa Rosy Bindi in testa, più in generale gli ex democristiani riciclati a destra e a manca.
Hanno altresì vinto gli isolani trasversalmente collocati del cosiddetto “battaglione Sicilia”; e tra questi, Angelino Alfano, apparso raggiante per aver anche nel contempo – dice lui – rinsaldato i rapporti con Forza Italia per alleanze future. Ma hanno vinto pure i cosiddetti fittiani, che possono gridare a Berlusconi di aver sbagliato a fidarsi del fiorentino; e in fondo ha vinto anche l’ex Cavaliere, perché poteva andargli peggio, perché per un po’ il patto stipulato col premier avrà meno occhi distruttivi addosso.
Non possono lamentarsi nemmeno le cosiddette opposizioni dure e pure: i “Fratelli d’Italia”, felici di sventolare sterilmente il candidato di bandiera Vittorio Feltri come suggello della loro fermezza; la Lega di Salvini, che potrà proseguire la campagna elettorale permanente, speculando sulla frantumazione a destra; finanche il Movimento 5 stelle, che si attribuisce pateticamente il merito di aver evitato, con la sua azione di disturbo, che salisse sul Colle un impresentabile.
Fuori dal parlamento, gioiscono le vecchie glorie della Prima repubblica come Ciriaco Mita, redivivo ottantenne, in questi giorni alle prese con i taccuini dei giornalisti per fare un po’ di storia elogiativa della vecchia balena bianca. Ed è felice Francesco Rutelli, che si fa vivo talvolta per prendere le distanze dagli scandali giudiziari che lo sfiorano, talaltra per attribuirsi i meriti del miracolo “Margherita”, i cui petali nonostante tutto sono ancora ben saldi in tutti i posti che contano.
Intanto, i grandi media si mantengono per ora agiografici e prudenti, come è d’uopo in questi casi per una categoria molto attenta a dove spira il vento del potere. Questo almeno per qualche giorno ancora, perché, in fondo e in attesa di morirne, siamo tutti un po' democristiani.
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