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18/05/24 ore

Quella Scelta Civica di cambiare troppo spesso casacca


  • Ermes Antonucci

Prosegue la dissoluzione di Scelta Civica, il partito dei tecnici ripudiato un anno fa persino dal suo fondatore, l'ex premier Mario Monti. A poche ore dall'appello lanciato da Matteo Renzi per un "approdo comune" tra montiani e democratici, cinque senatori e due deputati di Sc, più un viceministro non parlamentare, hanno abbandonato il Titanic dei professori per aderire al gruppo del Partito Democratico.

 

Sono gli stessi nomi dei transfughi a rendere chiara ancora una volta la logica che portò alla creazione del partito da parte dell'ex presidente della Bocconi: un mix di personalità esterne alla politica, demagogicamente definite "tecnici" - nel trionfo di quel populismo tecnocratico che nulla ha da invidiare al populismo più tradizionale incarnato dai grillini - con l'aggiunta di qualche ferro vecchio di partito, necessario ad infoltire le liste nella convinzione, poi tristemente negata dalle urne, di un puntuale trionfo elettorale.

 

E così a comporre il gruppo dei fuggiaschi non sono solo agli a-politici Stefania Giannini (professoressa universitaria oggi ministro dell'Istruzione), Irene Tinagli (economista), Ilaria Borletti Buitoni (che a Sc donò ben 700mila euro, guadagnandosi la nomina a sottosegretaria alla Cultura nel governo Renzi) e Carlo Calenda (ex dirigente in Ferrari e Sky, oggi viceministro dello Sviluppo economico seppur non parlamentare), ma anche esponenti con una ben radicata carriera politica alle spalle, seppur molto spesso segnata da capriole da voltagabbana a dir poco grottesche.

 

Il volto più noto è certamente Pietro Ichino, giuslavorista sotto scorta, con un passato da deputato Pci e senatore Pd (2008-2013), nel quale ora fa mestamente ritorno dopo neanche due anni di esperienza montiana. Meno noto è Gianluca Susta, parlamentare europeo dal 2006 al 2013 con il Pd, al termine di un cammino democristiano pur coerente (Dc, Popolari, Margherita). Nel 2013 diventa senatore nelle fila di Scelta Civica, carica concepita evidentemente solo come un trampolino. Tempo un anno, infatti, e si candida alle europee, come capolista nella circoscrizione Nord-occidentale, sempre con Sc. L'imbarazzante 0,7% di voti, tuttavia, non gli permette l'elezione.

 

Nella sua carriera politica Alessandro Maran ha invece sempre guardato "a sinistra": consigliere comunale Pci, deputato con i Ds e poi con il Pd. Poco più di un mese prima delle elezioni del 2013 decide di lasciare il Pd e di entrare in Scelta Civica, che gli garantisce un comodo posto da capolista per il Senato in Friuli Venezia Giulia. Viene eletto, ma oggi ha ricambiato idea.

 

La figura che tuttavia incarna nella maniera più emblematica la tradizionale "confusione" dell'homo politicus italiota è senza dubbio quella di Linda Lanzillotta. Comunista in gioventù, socialista negli anni 80-90, margheritina negli anni 2000. Passano gli anni ma il suo percorso errante non si ferma: entra nel Pd, ma dopo due anni molla e diventa portavoce del nuovo partito di Francesco Rutelli, Alleanza per l'Italia. Non paga, in seguito allo scandalo riguardante l'ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, nel 2012 lascia Apl e un anno dopo si candida con Scelta Civica, diventando senatrice. Fino alla retromarcia di oggi.

 

Come risultato di questa diaspora, Scelta Civica si ritrova oggi rappresentata da 22 deputati alla Camera e solamente 2 senatori, vale a dire Mario Monti (che nell'ottobre del 2013 ha comunque rassegnato le dimissioni da presidente e disconosciuto di fatto la sua creatura politica) e Benedetto Della Vedova. Anche quest'ultimo, in realtà, era stato accreditato fino all'ultimo tra i parlamentari in procinto di abbandonare Sc. Non è chiaro cosa sia successo. Non è escluso che possa fare il grande balzo in seguito, chissà. Del resto da un ex radicale che ha vestito in poco tempo i panni di berlusconiano, poi di finiano e infine di montiano, ci si può aspettare senza scandalizzarsi, “in coerenza”, anche un giro di valzer nel Pd.

 

 


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