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16/11/24 ore

Renzi, nelle sabbie mobili della legge elettorale


  • Ermes Antonucci

"Entro l'8 dicembre presenterò una proposta di legge elettorale". La promessa fatta da Matteo Renzi più di un mese fa, durante la campagna per le primarie del Pd, ancora non è stata soddisfatta. Ma questo non sembra rappresentare un grande problema per il neosegretario democratico, che così ha deciso – in maniera quasi paradossale – di porsi direttamente alla guida del processo di riforma della legge elettorale.

 

Dietro il passaggio della legge dalla Commissione Affari costituzionali del Senato a quella della Camera si cela, infatti, il pressing del Rottamatore (“Basta lasciare la legge elettorale al Senato a lievitare manco fosse una pizza, la si porti alla Camera”), che così ora già fa vanto della sua prima conquista. Una “vittoria”, però, inconsistente: si è deciso, in pratica, il mezzo da utilizzare (e il suo conducente, cioè Renzi), ma la via intraprendere è ancora avvolta nell’oscurità.

 

La mancanza di idee del sindaco di Firenze a riguardo (evidente sin da subito nel programma presentato alle primarie in cui si chiedeva, in modo a dir poco riduttivo, una “legge elettorale chiara, che faccia sapere subito chi ha vinto e chi ha perso”) dà l’impressione che la sentenza della Corte costituzionale sul Porcellum abbia veramente mandato a monte le reali intenzioni del Rottamatore: diventare segretario ed andare al voto con la legge attuale.

 

Fino a due settimane fa, insomma, il problema per Renzi non si poneva più di tanto. O meglio, si poneva, ma solo di facciata. Ecco il perché dei continui balbettii, delle frasi fatte (“Vorrei un meccanismo dove, senza insultarsi, c’è la destra e la sinistra: un volta vince la destra, un’altra la sinistra”), della promozione di un fantomatico “modello del sindaco d’Italia” (che in realtà implicherebbe, oltre al doppio turno, anche l’elezione diretta del capo dell’esecutivo, cosa della quale Renzi pare non essere a conoscenza) e delle promesse, poi non mantenute.

 

Ora la situazione è cambiata, ma non troppo. La legge elettorale è sì diventata una priorità – per opera non del neosegretario, ma della Corte –, ma da Renzi è giunto un comportamento perfettamente in linea con quello mostrato alle primarie: non la definizione di una proposta politica, bensì pura propaganda (rappresentata, questa volta, dallo “sprint” alla Camera). Una logica che, però, pur raggiungendo i suoi scopi elettorali (“Effetto Renzi sulla legge elettorale” titolano i giornali), potrebbe rivelarsi un fallimento a livello politico.

 

I centristi e gli esponenti del Nuovo Centrodestra, infatti, hanno visto nello “scippo” della legge elettorale al Senato, l’apertura di “una fase di prepotenza che non promette nulla di buono”, e per questo sono pronti a dare battaglia ed, eventualmente, a mettere in crisi la maggioranza parlamentare. A quel punto Renzi sarà riuscito nella duplice impresa di delineare una riforma della legge elettorale senza avere in mente una reale proposta alternativa, e di far saltare la flebile intesa tra le forze di governo costruita lentamente negli ultimi mesi. Il tutto per una manciata di voti in più.


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