Silvio Berlusconi ha firmato i dodici referendum promossi dai radicali: tanto i sei che riguardano la riforma della giustizia (dalla separazione delle carriere all’ergastolo), quanto i sei che hanno per oggetto l’abolizione di norme approvate durante i suoi governi (dalla formulazione del reato di clandestinità alle norme proibizioniste). Dopo il colloquio con Pannella, il leader di Forza Italia ha deciso che contava innanzi tutto dare al popolo sovrano la possibilità di esprimersi.
Questa notizia, anziché essere semplicemente data, è stata confezionata secondo i criteri di disinformatia di regime ai quali obbedisce da sempre il nostro giornalismo. Vediamo come.
Sui siti dei giornali come «La Stampa» e il «Corriere della Sera» il lettore è subito depistato dai titoli, per cui Berlusconi firma “i referendum sulla giustizia” e non anche gli altri. «La Repubblica» parla del “tira e molla” di Berlusconi sul governo, mentre i tg della Rai allestiscono servizi omissivi e, more solito, si guardano bene dallo specificare i contenuti dei referendum.
Dall’altra parte, i giornali di centrodestra lanciano sondaggi sull’opportunità o meno di firmare i quesiti libertari e anti-proibizionisti, a dimostrazione di quanto sia incompresa la natura dello strumento referendario, l’unico che la Carta costituzionale offra ai cittadini per consentir loro di agire in modo svincolato dalle pastoie corporative e partitocratiche.
Ancora una volta la campagna per i referendum radicali è un’occasione per scardinare reazione e conservazione di un sistema politico e sociale. A ben vedere, nel Partito democratico (a cominciare da Renzi e dagli “innovatori”) ci si dovrebbe cominciare a interrogare sul motivo per cui si manca sempre all’appuntamento, finendo per schierarsi nei fatti dalla parte dei difensori accaniti dello status quo.
Che ciò avvenga perché ci si fa dettare l’agenda da un giornalismo in divisa, accasato nelle dimore del finto capitalismo di relazione, dovrebbe dare da pensare a quanti intendono scommettere davvero su un futuro diverso per il Paese.
a cura di Francesca Pisano
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