I risultati positivi ottenuti nei ballottaggi dello scorso week-end hanno riportato un po’ di sereno all’interno del Partito Democratico. Le nubi, però, sono ancora all’orizzonte e per intravederle basta pronunciare una sola parola: congresso.
La data del congresso deve ancora essere fissata, così come quella delle primarie, ma pochi giorni fa Matteo Renzi ha abbandonato ogni riserva su una sua possibile candidatura alla segreteria del Pd, e ci ha tenuto a lanciare un messaggio forte e chiaro al “traghettatore” Gugliemo Epifani: “Stavolta non mi faccio fregare, prima si fanno le regole e poi dico se mi candido”.
Chiede chiarezza sulle regole Renzi – dalle procedure per lo svolgimento di primarie “aperte” alla possibile distinzione tra segretario e candidato premier – ma chiede anche, e soprattutto, lealtà. Il sindaco di Firenze vuole evitare di essere oggetto di una caccia alle streghe come quella che ha caratterizzato le primarie del dicembre scorso: “Io stavolta non la faccio, la battaglia in solitaria. L’altra volta l’ho fatta per smuovere un po’ le acque, ho fatto una battaglia contro tutto e tutti”. “Se nel Pd cresce la richiesta di cambiare l'Italia, ci rifletteremo. Se invece è una battaglia per correnti, e per vivacchiare, io non ci sarò” ha spiegato in maniera esplicita Renzi.
Oggi il segretario Epifani ha risposto all’ex “rottamatore”, annunciando che il congresso si svolgerà “entro l’anno” e che la commissione Congresso avvierà dalla prossima settimana la definizione delle regole, in modo da stabilirle “entro un mese”.
La candidatura di Renzi preoccupa – come segnala Europa – l’asse centrale del partito, rappresentato dal trio Letta-Franceschini-Bersani, in particolar modo per il rischio di fratture interne, dai risvolti pericolosi anche per la tenuta del governo. La priorità allora diventa innanzitutto quella di evitare una rottura col sindaco fiorentino sulle regole e sul percorso congressuale, per non ripetere l’errore delle ultime primarie.
Una volta stabilito l’iter in maniera più o meno congiunta, si passerà alla competizione vera e propria. L’idea dell’establishment sarebbe quella di trovare una candidatura “stile Veltroni”, che tenga insieme un’ampia maggioranza interna, conquistando anche una parte di sostegno da parte della corrente dei “giovani turchi”, la cui funzione – come ha affermato Stefano Fassina (oggi viceministro dell’economia) – “è ormai superata” dalla necessità di costruire un’area più ampia. Per verificare se sarà questa la strategia della dirigenza dem, occorrerà aspettare.
Ad alzare la tensione, intanto, ci pensa il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, che – pur escludendo una propria candidatura – di fronte ai buoni risultati ottenuti a livello locale invoca “una rottamazione democratica che investa la classe dirigente”. Per intraprendere quale via, però, non è dato sapersi.
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