Si dice, rischiando il luogo comune, che cambiare idea sia sintomo di intelligenza, di apertura mentale, disponibilità al dialogo e al confronto... e bla bla bla. Bene. Attenti tuttavia a non abusare.
Prendiamo i 5 Stelle sull'annosa questione dell'Euro. Si trattava di un caposaldo della propaganda grillina. L'uscita dalla moneta unica veniva richiesta quasi come Salvini dice no alla Legge Fornero. Lo strumento di democrazia diretta, il referendum (per altro incostituzionale), sarebbe stato il grimaldello a modello Brexit.
Ma la deriva democristiana del Movimento ha imposto via via posizioni più accomodanti su un tema fondamentale, nel tentativo di sedurre l'odiato establishment. Le cose sono infine precipitate e si è passati dalle astruse argomentazioni della deputata Castelli, ospite di Lilly Gruber, al voterei no all'Euro in caso di referendum di Luigi Di Maio, fino all'errata corrige di ieri a Porta a Porta: perché – dice ora il cosiddetto candidato premier - “non è più il momento per l’Italia di uscire dall’euro”...mentre la consultazione popolare è diventata solo una “extrema ratio”. Tutto questo è avvenuto rapidamente, in poche settimane, a cavallo tra vecchio e il nuovo anno.
A dicembre già immaginavamo che di questo passo, al termine della campagna elettorale, quelli della Casaleggio & Associati si sarebbero guardati allo specchio senza riconoscersi. Forse allora esagerammo un po' con i tempi. A poco meno di due mesi dal voto, è già così. (A.M.)
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