A guardare il banner che compare sui siti radicali e in particolare di Radio Radicale per segnalare la nascita delle applicazioni per Android e IPhone, scopriamo quali cambiamenti sono intervenuti negli ultimi decenni. “Il mondo radicale nelle tue mani”, recita lo slogan: un “concessionario esclusivo” e controllato attraverso cui passeranno tutte le informazioni relative ai radicali.
Viene, tuttavia, da chiedersi se tutto ciò non costituisca una riduzione delle potenzialità di una storia che in passato ha rivelato una fecondità sconosciuta ad altri soggetti politici. L’idea del “recinto” rimanda sempre a logiche di confini segnati, di muri separatori, che è esattamente il contrario dell’apertura alla quale dovrebbe puntare una società libera.
Non è un paradosso che il mondo della rete, di cui si magnificavano le prospettive dinamiche, dia corpo oggi ad anelli sempre più circoscritti? Da un lato ci siamo “Noi”; fuori gli “altri”. E quel “Noi” ricorda tanto le anti-utopie di Zamjatin.
Vent’anni fa, quando cominciai a collaborare con «Quaderni Radicali» la rivista da te fondata e diretta da quasi trentacinque anni, i telefonini non c’erano. Dieci anni dopo si avviò l’avventura di «Agenzia Radicale», il supplemento telematico sul web: due esperienze caratterizzate da un ben chiaro contenuto culturale, libertario e radicale, ma capaci di attrarre attorno a sé provenienze diverse.
Se vogliamo, l’azione politica più efficace consiste proprio nel seminare fuori del proprio campo, così da rendere fertile una società che patisce più che mai le logiche settarie.
La stagione seguita alla battaglia sul divorzio avrebbe potuto distinguersi proprio per questa capacità. Che non sia stato possibile o non lo si sia voluto è forse la principale causa dello stato delle cose attuale nel mondo radicale.