La Cina è una potenza mondiale che negli ultimi quarant’anni è cresciuta in modo vertiginoso. I suoi modelli di sviluppo sono stati: l’immobiliare, le esportazioni, la costruzione di infrastrutture. Oggi questi tre pilastri fondamentali per la sua crescita sono, per motivi diversi, in crisi.
Questo ha portato a un rallentamento di tutta l‘economia cinese… Si tratta di un dato evidente, ma “… il fallimento di Evergrande (il secondo colosso cinese dell’immobiliare, secondo solo a Country Garden sempre cinese, anch’esso in seria difficoltà) in America non significa automaticamente il fallimento di Evergrande in Cina" e il gigante asiatico "non è sull'orlo di una crisi finanziaria”- dice all'Adnkronos il sinologo Francesco Sisci, dopo che il colosso immobiliare cinese ha presentato un'istanza di fallimento negli Stati Uniti.
Secondo analisti interpellati dal Washington Post, in Cina "non è un momento Lehman Brothers" (la banca Usa fallita nel 2008 scatenando un effetto a cascata che ha contribuito alla crisi finanziaria), ma "si teme che le autorità cinesi giudichino male come e quando intervenire per evitare che la crisi precipiti".
L’immobiliare in Cina copre 1/4 del Pil del Paese e la sua crisi in ogni caso era prevista da tempo e tutto sommato è mancato un piano che la impedisse (milioni di case costruite in tutto il territorio del Paese sostanzialmente ora inutilizzabili…).
Dunque con i tre pilasti della crescita in difficoltà, in alcuni casi irreversibili, se si pensa che oltre all’immobiliare le esportazioni sono fortemente diminuite (se si guarda alle conseguenze della invasione della Russia in Ucraina e la crisi di relazioni con tutto l’Occidente che ha cambiato i ritmi di investimenti e di importazioni da Pechino). Ed anche le infrastrutture sono giunte ad un punto di saturazione.
Lo scenario cinese poi, governato in modo centralistico e decisamente non democratico, non da soluzioni facili in termini di cambiamento come modello di sviluppo. A nessuno verrà mai di pensare ad una evoluzione in chiave di Welfare dello Stato-partito cinese.
Ma se il contagio per tutti i paesi fuori dal colosso asiatico sembra più che improbabile, i riflessi per l’Europa, l’Occidente e specificatamente l’Italia (agganciata alla Germania in modo fin troppo significativo, quella Germania che più di tutti ha investito in Cina e in Russia), si può immaginare che saranno molto complicati se non rischiosi, anche in vista del voto europeo del giugno 2024.
Dello stato di salute dell’economia cinese e dei riflessi richiamati per Germania, Italia, Europa e Occidente discute Francesco Sisci, sinologo e giornalista (già professore all’Istituto di Studi europei presso l’Università del Popolo di Cina a Pechino), con Giuseppe Rippa, direttore di Quaderni Radicali e Agenzia Radicale nella conversazione audiovideo che segue…
(Agenzia Radicale Video)
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