Il 10 settembre è stato formalizzato il passaggio di gestione del carcere di Bagram, a 40 km a nord di Kabul, dall’esercito statunitense al governo afgano. Il Parwan Detention Centre (noto come carcere di Bagram), ospita oltre 3000 talebani sospettati di terrorismo.
Oggi sembra che la responsabilità del centro di detenzione e dei suoi occupanti sia passata quasi completamente nelle mani del governo autoctono, ad eccezione di 50 detenuti che continueranno a restare sotto la sorveglianza statunitense (poichè considerati pericolosi e a rischio di fuga), nonostante l’appello del Primo Ministro afgano Karzai a voler esercitare un totale controllo della struttura per diritto naturale di sovranità.
Comunque sia, sono stati rispettati i tempi previsti che dovrebbero portare, entro la fine del 2014, ad una smobilitazione completa dell’esercito americano su territorio afgano.
Il carcere di Bagram è tristemente noto alla stampa internazionale per le sistematiche violazioni dei diritti dell’uomo perpetrate sui detenuti nel 2002, e rese pubbliche solo dopo un’inchiesta del New Jork Times (2005), per il controverso caso dei libri religiosi (2000 testi), gettati per incuria o sfregio nell’inceneritore del centro a metà febbraio scorso, e per l’ episodio che ritrae esponenti dell’esercito orinare sui cadaveri dei “nemici” talebani.
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