Alla vigilia della presentazione dell’ultimo gioiellino della Apple, l’ IPhone 5, prevista per il 12 settembre prossimo, si rinnovano le polemiche sui modelli lavorativi utilizzati dalla Foxconn, azienda taiwanese che produce componenti elettronici per il colosso statunitense utilizzando forza lavoro cinese.
Si scopre così che i governi regionali della Cina, dove sono impiantate la maggior parte delle fabbriche della Foxconn, pagano i dirigenti dell’azienda per incentivare investimenti nella loro particolare regione, arrivando a “sborsare” per ogni lavoratore utile fino a 70 euro.
Inoltre sembrerebbe che le scuole e le università coinvolte da tempo nell’accordo, ora non vogliano rilasciare il diploma o qualunque attestato formativo se prima lo studente non ha partecipato ad uno stage di “sfruttamento formativo” negli stabilimenti Foxconn.
Ad Huai'an, città della Cina orientale, secondo il racconto di una studentessa di contabilità, sarebbero migliaria gli studenti universitari costretti ad interrompere le lezioni per lavorare come operai (a circa 193 euro mensili per 12 ore al giorno, 6 giorni la settimana).
"Anche se le scuole hanno siglato con Foxconn un accordo per un periodo di tirocinio - ha spiegato la ragazza - non hanno informato né studenti né genitori. Una o due scuole hanno cancellato i programmi di stage con la Foxconn, ma il mio istituto li ha confermati, punendo anche alcuni studenti che si erano opposti".
La Foxconn è diventata in pochi anni una delle aziende private a mobilitare i più alti quantitativi di denaro, visto e considerato l’enorme disponibilità di forza lavoro a basso costo dei suoi impiegati e la continua richiesta dei suoi prodotti, in un mercato che sembra non conoscere crisi. Una grossolana stima parla di almeno 1 milione e 200mila impiegati nei loro stabilimenti.
L’inchiesta dello scorso anno del quotidiano inglese 'The Guardian', racconta di condizioni di lavoro molto dure: mancanza di sicurezza sul luogo di lavoro, impiego di lavoro minorile, salari non pagati, turni eccessivi di 12 ore consecutive (60 ore settimanali) per l’equivalente di 190 euro mensili.
Nonostante la denuncia, lo scorso maggio, delle gravi condizioni in cui versano i lavoratori e le numerose inchieste avviate indipendentemente da associazioni e giornali di tutto il mondo, sembrerebbe che non vi siano stati cambiamenti sostanziali nella gestione della politica interna dell’azienda.
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