Duro colpo alla già carente libertà di stampa in Turchia. Questa mattina la polizia turca ha fatto irruzione in alcune redazioni di media d'opposizione, considerati vicini all'acerrimo nemico dell'ex premier e ora presidente turco Erdogan, Fetullah Gulen (da anni in esilio volontario negli Usa), arrestando almeno 24 giornalisti. Tra questi anche Ekrem Dumanli, direttore del quotidiano Zaman, uno dei più importanti nel Paese e di proprietà proprio di Gulen.
La maxi-retata rientra nell'ambito di una vasta operazione lanciata, in almeno 13 città - inclusa Istanbul - dalla polizia turca per soffocare voci critiche nei confronti del governo. Sono infatti 32 i mandati di cattura spiccati finora, e per tutti, giornalisti inclusi, l’accusa è niente di meno che di aver "formato un gruppo terrorista".
Il pugno duro di Erdogan contro la stampa ha come primo obiettivo quello di colpire proprio l'Imam Fetullah Gulen, fondatore e guida del movimento islamico moderato Hizmet, in passato alleato al partito dell'attuale presidente, l'Akp, ma ora suo acerrimo nemico. La stretta contro i media legati al predicatore esiliato giunge quasi simbolicamente a quasi un anno di distanza dall'avvio della cosiddetta "tangentopoli turca", che coinvolse pesantemente l'Akp e fece traballare il governo Erdogan.
La più grande inchiesta per corruzione nella storia moderna della Turchia segnò l’inizio ufficiale della guerra fra Erdogan e Gulen, accusato di aver ideato l'operazione giudiziaria e di essere alla guida di un cosiddetto "Stato parallelo", che mirerebbe a realizzare un colpo di stato attraverso il controllo della polizia, della magistratura, della pubblica amministrazione, e persino la manipolazione sapiente del malcontento popolare (esploso nel maggio-giugno 2013 nelle rivolte di Gezi Park e piazza Taksim, represse nel sangue da Erdogan).
Da allora il premier turco, poi divenuto capo di Stato quattro mesi fa, ha di fatto avviato una vera e propria opera di epurazione, rimuovendo circa 7mila dirigenti e funzionari della pubblica sicurezza, nonché decine di magistrati. Una sorta di caccia alle streghe, che oggi ha condotto all'arresto di svariati giornalisti sparsi nel Paese considerati vicini a Gulen.
Mai come ora la Turchia appare lontana da quell'Europa cui aspirerebbe a far parte. Colpa di Erdogan, certo, intrappolato in una spirale anti-democratica e sempre più tradizionalista, ma anche di un'Europa che, al di là di iniziative meramente simboliche, non ha mai deciso di affrontare la questione dell'integrazione turca in maniera decisa.
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