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16/11/24 ore

“Gli italiani e la politica estera”, la prova del voto europeo


  • Antonio Marulo

Le prossime elezioni europee saranno le più europee della storia. Il gioco di parole non è paradossale, se è vero che i rinnovi del Parlamento di Strasburgo sono stati nel nostro Paese più che altro dei test elettorali di valenza interna.

 

Per la prima volta, invece, “l’intreccio fra dimensione europea e le questioni nazionali”, dovuto principalmente alla crisi economica, indirizzerà la campagna verso il voto su temi più aderenti alle dinamiche comunitarie.

 

In proposito, l’indagine sugli “Gli italiani e la politica estera”, condotta dall’Università di Siena in collaborazione con lo IAI, fotografa – come ha spiegato il prof. Pierangelo Isernia nel corso della presentazione del rapporto – una crescita dell’euroscetticismo e un sostanziale cambiamento del modo di concepire l’UE degli italiani. L’Euro non è più, ma forse non lo è mai stato, a parte la breve luna di miele iniziale, un totem e la disponibilità al sacrificio per tenere in vita la moneta unica è ridotta ai minimi termini. La Germania è poi “vissuta con una certa insofferenza” e la sua influenza rispetto alle scelte di politica economica dettate dall’Unione è considerata un fattore negativo, un peso.

 

In realtà, i risultati dello studio non costituiscono una sorpresa, confermando grossomodo le linee di tendenza sugli umori dell’opinione pubblica, “riflesso – come evidenziato dal prof Piero Ignazi dell’Università di Bologna– del pessimismo generato da una serie di input interni”. In tal senso, un ruolo fondamentale è svolto dal tipo di narrazione che si fa dei fatti di politica estera, che secondo la direttrice di RaiNews24, Monica Maggioni, “non si racconta ma viene filtrata dai politici” in base alle convenienze, con la compiacenza – possiamo aggiungere - degli operatori dell’informazione.

 

In proposito, Pier Ferdinando Casini ha ben descritto il circuito perverso: la narrazione della politica porta a un tipo di percezione dell’opinione pubblica che a sua volta condiziona la narrazione politica. Inoltre, va considerata la caratteristica peculiare della politica italiana, che “amplifica le peggiori pulsioni della gente”, finendo per scaricare impropriamente sull’Europa le responsabilità per la mancata soluzione anche di quei problemi che sono di stretta competenza interna.

 

Il risultato di ciò è sotto gli occhi di tutti: il fenomeno dell’antieuropeismo, per altro non solo italiano, è sempre più diffuso fra gli elettori. In proposito, la ricerca dell’Università di Siena dà conto di un capovolgimento delle posizioni fra destra e sinistra. Oggi, diversamente dal passato, l’elettore di centrosinistra è più vicino all’Europa, mentre è maggiore l’avversione a destra. L’elettorato del M5S, più eterogeneo, si colloca invece mediamente al centro, con posizioni ondivaghe a seconda dei temi specifici.

 

Su questa base di riferimento partirà la prossima campagna elettorale. E c’è il fondato rischio, sondaggi e analisi scientifiche alla mano, di una corsa a posizioni oltremisura estreme contro l’Europa, pur di assecondare e di cavalcare gli umori negativi. In questo, avranno gioco facile Berlusconi e Grillo. Più complicata la posizione a sinistra: Matteo Renzi, da sempre fautore della conquista dei voti “berlusconiani”, potrebbe essere indotto in tentazioni; dovrà però trovare il giusto mix di chiacchiere per non scontentare troppo il proprio elettorato, tradizionalmente e malgrado tutto più europeista.


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