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23/12/24 ore

Romania, la crisi politica che allontana l'Europa


  • Ermes Antonucci

La stampa italiana sembra non badare minimamente a quanto sta avvenendo in Romania, ormai immobilizzata da una profonda crisi politico-istituzionale. Domenica, infatti, i cittadini romeni saranno chiamati alle urne per un referendum che dovrà confermare o bocciare l’impeachment del presidente della Repubblica, Traian Basescu, deciso dalla maggioranza di centrosinistra in Parlamento che guida il paese da due mesi.

 

Basescu è stato sospeso dalla sua carica per 30 giorni lo scorso 6 luglio, con l’accusa di aver violato la Costituzione e usurpato il ruolo del primo ministro quando nel 2010 annunciò e mise in atto le riforme di austerità chieste del Fondo monetario internazionale.

 

L’attacco nei confronti del Presidente – ricordiamo che in Romania vige un sistema semipresidenziale con il potere esecutivo condiviso da Presidente e premier – è stato condotto da Victor Ponta, da maggio nuovo primo ministro e leader dell’Unione social-liberale dopo la caduta del governo di centrodestra.

 

Il voto del Parlamento dovrà quindi ora essere confermato dal referendum popolare fissato per il 29 luglio. Ponta, tra l’altro accusato di aver plagiato la tesi di dottorato (tesi confermata dal Comitato Etico dell’Università di Bucarest), nelle ultime settimane si è reso protagonista di un attacco frontale nei confronti del Presidente e delle istituzioni democratiche.

 

Il primo ministro ha infatti cambiato la legge che regola l’impeachment, eliminando il requisito del raggiungimento del quorum del 50% più uno degli aventi diritto, ha sostituito i presidenti delle due Camere e l’Ombudsman (il difensore civico), ha ignorato una sentenza della Corte costituzionale che aveva stabilito che il compito di rappresentare la Romania al Consiglio Europeo spettasse a Basescu, ha minacciato i giudici della Corte e ha vietato di analizzare le decisioni del Parlamento, ha deciso il passaggio della Gazzetta Ufficiale sotto il controllo diretto del governo, ha nominato nel Cda della tv pubblica solo membri della coalizione di governo, ha approvato una legge elettorale in suo favore (poi bocciata dalla Corte Costituzionale).

 

Insomma, in brevissimo tempo Victor Ponta è riuscito a cancellare 22 anni di storia democratica della Romania, mettendo in luce la fragilità dell’intero sistema istituzionale. L’Europa non è rimasta a guardare. Il 6 luglio scorso la Commissione europea si è detta “preoccupata” per la crisi politica in Romania: “La Commissione è preoccupata per la situazione attuale in Romania, comprese le azioni che sembrano limitare i poteri delle istituzioni indipendenti come la Corte Costituzionale. Lo Stato di diritto, l’equilibrio dei poteri e l’indipendenza della magistratura sono i pilastri della democrazia in Europa e sono indispensabili per la fiducia reciproca all'interno dell'Unione Europea”.

 

Il Presidente della Commissione José Manuel Barroso ha dichiarato che “gli eventi in Romania hanno minato la nostra fiducia”. Circolano addirittura voci secondo le quali la Romania sarebbe vicina alla sospensione del suo diritto di voto al Consiglio europeo, il cui presidente, Herman van Rompuy, ha espresso tutta la sua preoccupazione per i cambiamenti politici in Romania, facendo appello al rispetto dell’indipendenza giudiziaria e dello stato di diritto nel paese.

 

Il 12 luglio il governo tedesco ha convocato l’ambasciatore romeno a Berlino per informarlo della “grande preoccupazione” della Germania: “Secondo il governo federale, le misure prese negli ultimi giorni dal governo Ponta per ridurre i poteri della Corte costituzionale e trasferire la competenza in materia di pronunciamento delle sentenze giudiziarie minacciano seriamente il principio della separazione dei poteri”.

 

Ora la parola passerà ai cittadini romeni. Un ulteriore contrasto istituzionale è emerso proprio riguardo alle modalità del voto. La Corte costituzionale ha infatti stabilito che il referendum sulla destituzione del presidente Basescu sarà valido solo se alle urne si recherà il 50% più uno degli aventi diritto, annullando così l’ordinanza varata dal governo di centro-sinistra che aboliva il quorum. L’ultima tappa di un conflitto che sta mettendo in ginocchio la democrazia della Romania.

Ermes Antonucci


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