Sono passati oltre venticinque anni dalla prima volta che ho avuto il piacere di conversare con lui che, all’epoca, dirigeva Tuttosport ed era amico del mio maestro, l’avvocato Vincenzo Siniscalchi.
Non dimenticherò mai quegli scambi di opinioni sul calcio e sulla vita. Quanta saggezza e quanta semplicità, quella che solo i grandi sono in grado di offrire nelle relazioni. Anche le più estemporanee. Gianni Minà è stato un mastro di giornalismo senza mai salire in cattedra.
La sua cultura enciclopedica passava attraverso la sensibilità di una domanda calzante e raffinata o di un sorriso sarcastico. A lui confidai, facendomi consolare, le sofferenze per il mio amato Toro, una passione che ben comprendeva. Era un tifoso granata di qualità, un amante dei valori aristocratici della passione calcistica. Quei valori non negoziabili e non commercializzabili, che albergano nella sensibilità del tifoso.
Quei valori che rendono unico lo sport vissuto come momento di condivisione conferendo una dimensione al sogno, al sogno di un bambino. Gli occhi del bambino, le uniche coordinate con le quali vivere l’emozione e il romanticismo dello sport. Sport come storia di uomini e di comunità che affrontano gioie e dolori facendole diventare metafore della vita.
Ascoltarlo o leggerlo era un piacere. La sua capacità di raccontare ed emozionare erano uniche. Elegante, moderno, mai banale. Il racconto di un evento attraverso la voce o la penna di Gianni Minà non era semplice cronaca, era un pezzo di storia che prendeva vita e si faceva emozione. Le sue interviste memorabili ai più grandi campioni dello sport vere e proprie perle. La sua sensibilità lo portava a mettere in luce la parte più umana degli eventi.
La parte che non si racchiude in una statistica ma che prende forma attraverso il sentimento che accompagna l’evento e caratterizza successi e sconfitte. Le sue analisi erano cartoline di saggezza, sempre avanti rispetto ai tempi. Sempre in grado di guardare con lungimiranza agli eventi ed ai fenomeni sociali.
Gianni Minà sapeva leggere in controluce, sapeva raccontare ciò che non si vede ma si può percepire solo se si ha una sensibilità da fuoriclasse. E lui era un vero fuoriclasse.
Le sue interviste ai protagonisti della politica, dello sport, dello spettacolo, sono pezzi pregiati di storia del giornalismo.
Mi piace ricordare anche la sua capacità di entrare in simbiosi con la effervescente cultura napoletana con le sue espressioni più popolari. Dalle gesta sportive di Diego Maradona che infiammavano un popolo intero alla inimitabile ironia di Massimo Troisi, passando attraverso le melodie di Pino Daniele a fare da sfondo.
La capacità di Gianni Minà di esaltare l’estro e la straordinarietà di queste grandi icone della napoletanità ha reso memorabili alcuni momenti di televisione, andando ben oltre il racconto e la descrizione delle capacità artistiche degli intervistati.
Pagine memorabili per il racconto televisivo.
Magistrale la capacità di esaltare le qualità degli ospiti e raffinata la modalità di approccio agli sguardi, ai sorrisi, alle smorfie, ai silenzi.
Basta chiudere gli occhi e aprire il cuore e Ti ritrovo sorridente con il microfono in mano.
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