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16/11/24 ore

Partito democratico, manca lo sforzo necessario: colmare il deficit liberale


  • Danilo Di Matteo

Chi non ricorda un professore (o uno studente) che “girava intorno” all’argomento senza riuscire a focalizzarlo? E chi non coglie l’abisso fra la gran mole di parole pronunciate (o “vomitate”) ogni giorno e la reale capacità di comunicazione? Ecco: individuare i problemi, definirli in maniera chiara e rigorosa, acquisirne piena consapevolezza, prospettare soluzioni nel contempo credibili e ambiziose paiono oggi obiettivi quasi utopici. Eppure dovrebbero rappresentare l’esperienza fondante della convivenza democratica fra esseri umani!

 

Così, dinanzi all’Assemblea Nazionale del Pd, ci si può porre in due modi diversi: o provare a inseguire, per così dire, la logica interna dei discorsi e delle posizioni, oppure assumere un atteggiamento di sano distacco. Come dire: “comprendo le vostre controversie, ma in me è forte il dubbio che stiate ponendo al centro dell’interesse e dell’attenzione ciò che andrebbe collocato al margine, e che stiate invece trascurando il punto dirimente: la questione liberale”.

 

Da ciò scaturisce immediatamente una domanda: come potrà essere possibile confrontarsi seriamente con le altre forze politiche, e in primis col centrodestra, se non vi è piena coscienza della materia del contendere? Sì, perché le primarie, diversamente concepite e interpretate, avrebbero potuto offrire l’occasione per chiarire agli elettori e a tutti gli interlocutori contraddizioni, tendenze, idee-guida, proposte e potenziali leader in grado di incarnarle, dando in tal modo un contributo davvero formidabile al “bene comune”.

 

Al contrario oggi sembra prevalere un’altra pratica: spostare l’attenzione da ciò che da decenni tormenta il Paese: il deficit liberale (come 'Quaderni Radicali' e 'Agenzia Radicale' provano da sempre a evidenziare). Da ciò il rischio di cadere in una situazione di giorno in giorno più grave e, insieme, meno “seria”.


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