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18/11/24 ore

Crisi di Governo: una lunga serie di inadeguatezze coperte da media subalterni


  • Luigi O. Rintallo

Contrariamente a quanto insistentemente vorrebbe far credere certa informazione, l’accelerazione impressa da Renzi a fine 2020 è servita a rendere più chiari i contorni di una crisi politica che data almeno dall’estate. A nostro avviso, anzi, i termini del problema sono andati definendosi fin dagli Stati generali a Villa Pamphili di giugno attorno al cosiddetto Piano Colao. Nei modi in cui la presidenza del Consiglio ha in sostanza “sterilizzato” il piano di rilancio che il comitato presieduto dal manager Vodafone aveva cominciato, è apparso evidente come Palazzo Chigi aveva intenzione di gestire in modo esclusivo (e arbitrario) la distribuzione e l’impiego delle risorse economiche.

 

Si dà il caso, tuttavia, che proprio il governo Conte durante questo anno abbia dato ampia dimostrazione di non rappresentare affatto la soluzione dei problemi presenti, ma piuttosto di essere esso stesso uno dei problemi maggiori che ostacolano una possibile ripresa dallo stato di difficoltà in cui versiamo. E questo sia sul fronte sanitario, sia su quello economico, tant’è che quando si evoca la necessità di un “rimpasto” ministeriale per ridare smalto all’azione della maggioranza si dovrebbe di conseguenza prendere in considerazione che i primi dicasteri a richiedere un cambiamento sono proprio quelli della Salute e dell’Economia.

 

La vicenda del mancato aggiornamento del piano anti-epidemico, con un ex funzionario del Ministero della Salute che si adopera per occultare i dati reali e falsificare datazioni, oltre che a censurare il lavoro di chi quelle mancanze ha fatto scoprire, testimonia che ai vertici dell’organo istituzionale vi è stata copertura per simili comportamenti. Il modus operandi è quello del Conte Zio dei Promessi Sposi, uso ad accomodare lo scenario e le situazioni secondo convenienza, a forza di “troncare e sopire”.

 

Inoltre, la sequenza omertosa sulle informazioni relative all’epidemia unita alla propalazione di notizie destituite di fondamento, come ad esempio la sottoscrizione di un contratto per 400 milioni di dosi del vaccino Astrazeneca in realtà mai formulato, hanno reso il ministero dell’Eur più simile alla Lubianka che non al luogo dove con trasparenza si gestisce l’epidemia in corso.

 

La sua comunicazione proietta all’esterno allarme e genera panico, ma poco o niente si è fatto per tracciare, testare e trattare (piano delle tre “T”) i contagiati tant’è vero che dopo un anno non esiste una minima cognizione sulle modalità di trasmissione del virus, su come contenere i focolai (locali per le quarantene e sanificazioni) e quali siano le occasioni davvero più a rischio.

 

Altrettanto deficitario è il fronte della gestione economica delle conseguenze della pandemia. Da mesi il governo produce proiezioni sistematicamente smentite, per non parlare del ritardo nell’emanazione dei decreti attuativi delle misure votate in Parlamento (Decreti Rilancio e Cura Italia), di fatto rimaste lettera morta. In questa settimana, si è poi registrata la plateale divergenza fra le previsioni del ministro Gualtieri e la Banca d’Italia.

 

Secondo uno studio di quest’ultima, si prevede per il 2021 un rimbalzo del pil di appena il 3,5%, seguito da un altrettanto tenue 3% del 2022 e di solo il 2% per l’anno seguente. Ciò significa che a fronte del crollo avvenuto, meno 9-10%, si potrà realizzare un recupero soltanto nel 2025, mentre invece il ministero dell’Economia favoleggia di un rimbalzo positivo per quest’anno del 6%.

 

Di fronte a tali discrepanze, viene da domandarsi cosa accada negli uffici di via XX settembre e se non sia da considerare un radicale rivolgimento della politica economica fin qui seguita. Tanto più dopo che è emerso come il ministero dell’Economia non disponesse nemmeno del controllo sulla stesura del Piano nazionale di ripresa, i cui contenuti non si sa bene da chi siano stati redatti.

 

Il dibattito sulla crisi politica in corso ha dunque fatto uscire allo scoperto una serie di informazioni, troppo a lungo compresse e tacitate dai media conformi e proni alla comunicazione governativa. Pretendere di far finta di nulla e continuare con lo story telling consueto, per cui va tutto bene Madama la Marchesa, può spiegarsi in un solo modo: l’azione (o meglio l’inazione) del governo Conte ha il favore di vari settori, sui quali pesano responsabilità gravi circa quello che è avvenuto in Italia.

 

Se è vero che Matteo Renzi non si è mosso da solo quando ha aperto la crisi, è altrettanto vero che chi gli si oppone può far conto su aree ed apparati – non solo politici o economici, ma anche istituzionali – preoccupati non tanto di trovare una risoluzione positiva dei problemi, quanto di non minare sistemi di controllo e di relazioni. Di tali relazioni, volendo, si potrebbero facilmente ricostruire i profili anche in termini di filiere personali di potere.

 

 


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