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18/11/24 ore

Elezioni 20 e 21 settembre: l’identità del Pd e il caso Viareggio


  • Giuseppe Rippa

Il voto del 20 e 21 settembre, che riguarda sei delle venti regioni italiane e circa un migliaio di comuni in un tempo segnato dalla pandemia da coronavirus, ha assunto una dimensione strana che varia tra chi esprime una convinta valutazione che questo voto negli equilibri generali nazionali non avrà un particolare peso e chi ritiene che potrebbe contribuire a accentuare motivi di tensioni e di crisi tra le forze di maggioranza di governo.

 

Questo se si considera che alcune delle votazioni regionali potrebbero dare risultati controversi, in contrasto con le intenzioni di quanti puntano a far divenire l’accordo di governo tra PD e M5S una vera e propria alleanza politica.

 

La poco opportuna decisione di accorpare al voto amministrativo e regionale il referendum costituzionale per la riduzione dei parlamentari per confermare la legge del 12 ottobre 2019, che di fatto trasforma una discussione (che poi non c’è stata…!) su una opzione confusa e demagogica sugli equilibri delle nostre istituzioni, in una incombenza amministrativa che ha tutt’altri caratteri, allarga la confusione.

 

Lo scenario si completa con un dubbio di fondo, che alcuni commentatori hanno ventilato e che cioè le stesse elezioni potrebbero essere a rischio, insieme all’apertura delle scuole disordinatamente e sprovvedutamente affidate alla incompetenza di chi dovrebbe attuare scelte nel contesto di una crisi sanitaria tutt’altro che conclusa, rendono molto complicate le scelte che il corpo elettorale dovrebbe effettuare.

 

Insomma tutto congiura a reiterare lo smarrimento, i rischi e la crisi politico-istituzionale che il Paese attraversa da molti anni. Viene da chiedersi quale sarà l’affluenza al voto di questa scadenza elettorale (i ritmi delle astensioni sono cresciuti negli ultimi anni sempre di più)… Il 30% o poco più, affermano decisi alcuni di coloro che la politica elettorale, con tutti i mezzi, hanno praticato in stagioni di egemonia partitocratica. E ora che i vizi della partitocrazia, senza però i partiti, rimangono, si avverte quanto lo sfilacciamento del tessuto democratico del paese sia una eventualità possibile.

 

Parlare di democrazia e di sua attuazione è discorso poco comprensibile per la destra e il centrodestra, ma la sinistra e il centrosinistra non sono da meno. Per chi come noi ha speso e spende molte energie nel richiamare la questione liberale e la sinistra, si tratta di una domanda determinante nell’analisi della crisi italiana e sulla sua possibilità di uscita democratica dalla stessa.

 

Cosa intendiamo per sinistra e questione liberale? Per noi cultura liberale significa avere attenzione alla cultura della giustizia giusta, dei diritti della persona, dell’efficienza, della competitività, di una solidarietà non pelosa e assistenziale, di una distinzione e di una separazione tra  le grandi concentrazioni di potere economico e bancario e la classe dirigente politica, di una impostazione che riduca le torsioni illiberali delle corporazioni italiane, di una chiara affermazione di diritti di libertà da vincoli corporativi, di una scelta occidentale che non sia ambigua e che rendono l’Italia un partner inaffidabile…

 

Il sistema Italia è sostanzialmente irretito in una bolla corporativa, che presiede quasi tutti i settori sociali e professionali. Si ricorre ad ambiguità, non certo felici, perché si ritiene che questo è un metodo per evitare conflitti, ma all’inverso si finisce per aggravarli. È un po’ la storia del Partito Democratico, che ha finito per annullare la cultura liberale, laica, socialista, radicale, per dare la sensazione di cementare una cultura di massa, finendo per restare imbrigliato nelle logiche subalterne a tutti i fenomeni populistici e qualunquistici che sono stati alimentati anche dall’assenza di una cultura della gradualità, della riforma, di una capacità di visione.

 

In realtà neutralizzando una cultura di governo liberale si finisce per rendere, come è accaduto, la sinistra inefficace e subalterna a tutte le lobbies nazionali e internazionali. Ma poi in lontananza si intravedono dei bagliori di luce, forse tenui ma persistenti, di un mutamento reale e sincero, che forniscono tentazioni di speranza possibili.

 

Non vogliamo alimentare aspettative clamorose, ma ricordare che la fermentazione di speranze laiche, liberali, libertarie sono della sinistra e si rivelano all’improvviso come lampi che vanno ricordati. È accaduto anche al sottoscritto passando da Viareggio, in quella Toscana dove il potere della sinistra (prima Pci, poi Pds, poi Ds e infine PD) è sempre stato onnicomprensivo e oggi è braccato da una destra confusionaria e populista che proprio l’assenza di una cultura liberale della sinistra ha alimentato.

 

Per le prossime elezioni comunali ecco che un gruppo di coraggiosi, capaci di recuperare energie nella desertificazione in cui è stata ridotta e criminalizzata la politica, decidono, su una linea politica altra, di mobilitarsi per chiedere più democrazia, più diritti e soprattutto più rappresentatività alla loro domanda politica che è cittadina ma anche nazionale e perché no europea.

 

La lista “Più democrazia per Viareggio e Torre del Lago”, che affianca la candidatura a sindaco di Sandro Bonaceto, si presenta come “una lista civica con una impronta marcata di centrosinistra, che unisce persone di esperienza politica con giovani che si sono messi per la prima volta a disposizione della comunità”…

 

Che segno politico rappresenta? Qui vien il bello. Nella lista di 24 vi sono sei iscritti al PD. Se si pensa che  nella lista ufficiale schierata con il sindaco uscente, appoggiato dal PD, vi sono solo tre iscritti, viene quasi da ridere… Ma ancor di più diventa esilarante e controproducente la dichiarazione del commissario del PD di Viareggio Alessandro Franchi che imperiosamente ha subito detto:”… Chi si candida in liste alternative e contrapposte al Partito Democratico o lavora ad altri progetti si auto-esclude dal partito e, da statuto, non potrà più farne parte…”.

 

Un bel modo di includere e di accogliere una domanda di partecipazione che non accetta di eseguire ordini e che chiede più Democrazia.

 

Una ragione di più per seguire con attenzione la vicenda viareggina e quello che essa contiene da un punto di vista di evoluzione politica. Agenzia Radicale e Quaderni Radicali seguiranno l’evoluzione di questa storia che sembra micro e circoscritta a una cittadina ma che contiene molti risvolti intriganti per ribadire che senza cultura liberale, socialista, libertaria e radicale, la sinistra resterà impantanata e subalterna.

 

Con il candidato sindaco (appoggiato da quattro liste) e con esponenti della lista Più Democrazia per Viareggio e Torre del Lago, faremo delle conversazioni in audiovideo per approfondire i termini di questo progetto e di questa avventura, che nei marosi di una fase complicata e drammatica, recupera il segno di una speranza, un senso progettuale alla vita delle persone e delle collettività. Un messaggio locale ma con chiare intenzioni nazionali.

 

 - Dalla Toscana, Viareggio modella la nuova onda Liberale (di Anna Mahjar-Barducci)

 

 


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