Gli attuali protagonisti della scena politica italiana si trovano in un’evidente situazione di stallo. Ciò vale tanto per la maggioranza, quanto per le opposizioni. Tale situazione deriva soprattutto dai “paletti” temporali che sono stati presi come riferimento. In particolare, il Partito Democratico, quando ha accettato di entrare in coalizione con il Movimento 5 Stelle, lo ha fatto da un lato per evitare il ritorno alle urne e, dall’altro, per far sì di condizionare da posizione di forza la prossima elezione del Capo dello Stato.
Tuttavia, essendo quest’ultima fissata tra due anni, con la crisi determinata dall’emergenza Covid19 e i suoi devastanti effetti sull’economia, allungare sino al 2022 l’inazione di un governo soffocato dai veti e dall’impossibilità di assumere decisioni diventa quanto mai impraticabile.
Ugualmente, nel centro-destra la posizione di Lega e Fratelli d’Italia che si collocano sulla trincea del voto politico prima possibile – addirittura in concomitanza con l’election day fissato per il referendum costituzionale e le amministrative – appare ben poco plausibile. In primo luogo perché un po’ tutti i parlamentari sono restii dall’anticipare la fine della legislatura e, in secondo luogo, perché com’è noto lo scioglimento delle Camere è nella disponibilità del solo Presidente della Repubblica.
E al Quirinale sembrano siano tutt’altro che propensi dal farlo: quasi sicuramente, anche a fronte degli impegni da assumere nei confronti dell’Unione Europea per risolvere la trattativa sui sostegni agli investimenti per uscire dalla crisi, nel caso si opererà per evitare il voto anche ricercando nuove combinazioni di alleanze in grado di dare fiducia al governo.
È in questo contesto che si trovano ora le forze politiche. Da qui i boatos sui contatti fra Conte e Berlusconi, i passaggi da un gruppo parlamentare all’altro e gli attriti nemmeno più smentiti all’interno della compagine ministeriale. La condizione determinatasi ha caratteri accentuati di precarietà e potrebbe facilmente sfuggire al controllo degli stessi politici coinvolti. Da parte sua l’opposizione che il 4 luglio manifesta a Roma, qualora prevalessero le posizioni di Meloni e Salvini, insiste sull’opzione del voto subito; mentre il Movimento 5 Stelle, interessato a evitarlo a ogni costo, di fronte alle manovre in atto potrebbe anche finire per far precipitare la situazione e così favorire la conclusione dell’esperienza di governo con il PD e Italia viva di Renzi.
Quali spazi ci siano per dar vita a soluzioni alternative in questa legislatura è tutto da vedere. Ma è difficile possano prendere corpo in assenza di un’iniziativa diversa da parte del PD. Quest’ultimo non pare in grado di prospettare una strategia risolutiva dell’impasse, anche a causa delle divisioni interne e dell’assenza di visione che contraddistingue la sua dirigenza oramai preoccupata soltanto di preservare il controllo delle postazioni assunte nell’ambito degli apparati pubblici, istituzionali e finanziari che siano.
Nondimeno tale intento, puramente conservativo se non restaurativo, contrasta inevitabilmente con le urgenze imposte dalla crisi occupazionale e produttiva che manifesterà i suoi drammatici effetti di qui a pochi mesi. Più che mai il tempo odierno obbliga a una decisa inversione di rotta rispetto alle coordinate che hanno fin qui caratterizzato una politica che patisce l’assenza di metodi e soluzioni liberali.
(foto da LeccePrima)
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