di Paolo Giuliano Crisalli
In un balletto di dichiarazioni, smentite e precisazioni si è conclusa il 19 maggio, dopo due giorni di dibattito, la 73^ Assemblea Generale dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che doveva tra l’altro discutere sulla richiesta, sostenuta da oltre 120 paesi, con capofila l’Australia, di condurre una “indagine indipendente” sull’origine del Sars-Cov-2 e sulla gestione della pandemia nel mondo.
In un linguaggio volutamente burocratico, in cui si dice e non dice, l'Assemblea ha approvato una risoluzione che decide di "avviare al momento opportuno e in consultazione con gli Stati membri un processo graduale di valutazione imparziale, indipendente e globale della risposta sanitaria coordinata dall'Oms nella crisi del coronavirus”.
Ma come spesso avviene in queste circostanze “in cauda venenum”, perché nella dichiarazione conclusiva dei lavori il Direttore Generale Tedros Adhanom Ghebreyesus ha annunciato che “avvierò tale valutazione al più presto possibile”. Senza stabilire una data precisa.E la Cina che all’ultimo momento ha votato a favore dell’indagine si è subito affrettata ad affermare che “l’inchiesta ci sarà solo quando la diffusione del virus sarà sotto controllo”.
Cioè praticamente sine die. Anche perché allo stato non è dato sapere quando questo virus potrà essere effettivamente e definitivamente debellato. La circostanza che la risoluzione sia stata approvata anche dalla diretta interessata, pur mai ufficialmente citata e cioè la Cina, la dice lunga sulla reale efficacia di questa conclusione. E qui sta il paradosso: la risoluzione non menziona esplicitamente la Cina o Wuhan ma è chiaro che l’indagine si dovrà concentrare soprattutto sulla risposta delle autorità cinesi nelle prime fasi della diffusione del virus dal momento che diverse nazioni, con gli Stati Uniti in testa, hanno esplicitamente accusato Pechino di non avere condiviso tempestivamente ed in maniera completa le informazioni.
E stato in definitiva un capolavoro diplomatico che di fatto rinvia a data da destinarsi una indagine che forse nessun Paese vuole veramente. Il ruolo della Cina nello scacchiere geopolitico attuale è troppo importante soprattutto per i Paesi Europei che in questo momento appaiono più deboli e condizionati dalla superpotenza cinese (la nuova via della seta ne è una palese dimostrazione). Non a caso gli attacchi più forti arrivano dagli Stati Uniti di Trump perché si sentono direttamente minacciati dallo strapotere cinese.
Gli altri paesi hanno tenuto un profilo decisamente più basso come l’Italia che con il nostro Ministro della Salute ha sostenuto genericamente che “è assolutamente necessario iniziare immediatamente una riflessione congiunta su un'emergenza che sta colpendo l'intera umanità e, successivamente, sviluppare una valutazione più ampia di questa esperienza”.
Le date sono importanti per cercare di ricostruire tutta la vicenda anche con le sue implicazioni nascoste perché fino all’ultimo sia l’OMS che il Segretario Generale delle Nazioni Unite hanno cercato di evitare di prendere posizione sull’avvio di una inchiesta internazionale. Il 14 aprile il Segretario Generale Antonio Guterres affermava che “ci deve essere un tempo per capire come è emersa la malattia e come ha potuto diffondersi così rapidamente in tutto il mondo" sottolineando però che “ora non è quel momento”.
Il 18 maggio rivolgendosi direttamente ai partecipanti all’Assemblea dell’OMS, all’apertura dei lavori, lo stesso Guterres ribadiva che questo non è il tempo per un “blame game” cioè per scaricare le responsabilità della pandemia su altri paesi (ndr la Cina). Pur riconoscendo la legittimità delle richieste di alcuni Stati per un'indagine indipendente ha ancora insistito sul fatto che era troppo presto per farlo. Come mai allora pur con tutte le cautele e le precisazione del caso il giorno dopo, il 19 maggio, è stata autorizzata l’inchiesta internazionale?
Secondo alcuni commentatori potrebbe in qualche modo aver influito sulle decisioni finali la mossa del Presidente Donald Trump, che il 18 maggio in una lettera inviata via Twitter al Direttore dell'OMS, chiedeva di “dimostrare l’effettiva indipendenza dal governo di Pechino” minacciando di sospendere i finanziamenti se “nei prossimi 30 giorni non verranno registrati cambiamenti significativi”.
Nè Tedros né Guterres hanno apertamente risposto a Trump ma le conclusioni dell’Assemblea sembrerebbero quanto meno voler ricomporre il contrasto che si era creato. Infatti la decisione di avviare l’indagine è stata subito accolta con soddisfazione dagli Stati Uniti che in un comunicato, hanno sottolineato come l’inchiesta “garantirà una comprensione completa e trasparente dell’origine del virus, della sequenza temporale degli eventi e del processo decisionale che ha portato alla risposta dell’Oms alla pandemia di Covid-19”.
Stiamo assistendo indubbiamente ad un “pirandelliano” gioco delle parti che ha avuto il suo epilogo nella conferenza stampa di ieri 20 maggio dove il Direttore Generale Tedros non ha fatto minimamente alcun cenno all’inchiesta e si è concentrato solo sui progressi nella lotta contro il Covid-19. Ma il vero nodo cruciale è un altro. Al di là delle tesi complottiste sul virus che sarebbe fuoriuscito da un laboratorio segreto di Whan, come sostenuto dal premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier e da una parte dell’establishment statunitense, dobbiamo porci la domanda se la Cina abbia effettivamente comunicato tempestivamente a tutto il mondo la diffusione del virus.
Ballano almeno due/tre mesi di differenza che potrebbero ex post risultare decisivi, se fosse confermato che le autorità cinesi erano a conoscenza dei pericoli del coronavirus già nel mese di novembre 2019. Ciò non toglie che è senz’altro necessario fare chiarezza sul fatto che esistono decine di laboratori per la costruzione di armi chimiche, biologiche e batteriologiche operanti in tutto il mondo e che l’umanità tutta corre comunque grandi pericoli in quanto non abbiamo garanzie che vengano rispettati i principi etici generali e in particolare quelli di precauzione e prevenzione da chi gestisce questi laboratori.
Ricordo che si tratta di armi di distruzione di massa messe al bando da accordi internazionali ma la cui produzione è proseguita con la giustificazione della necessità di: “dotarsi di strumenti di difesa contro eventuali attacchi batteriologici da parte di altri Stati o da gruppi terroristici”. Anche il segretario di Stato USA Pompeo sta tentando di accreditare la teoria del virus costruito in laboratorio. Ma qui sono in gioco interessi economici enormi.
I più importanti studi legali USA stanno preparando class action per le ripercussioni economiche subite, con richieste di risarcimento miliardarie nei confronti della Cina accusata di aver causato la pandemia e c’è chi addirittura vorrebbe portarla davanti al Tribunale internazionale per crimini contro l’umanità!
Siamo solo agli inizi. Per questo occorre sempre verificare le notizie. È come in guerra dove la disinformazione nasconde scopi e obiettivi non dichiarati. Mentre la pandemia COVID-19 si diffonde, ha dato origine a una seconda pandemia di disinformazione, dai consigli sulla salute dannosi alle teorie della cospirazione.
La stampa può fornire l'antidoto: notizie e analisi verificate, scientifiche e basate sui fatti. Una regola fondamentale del giornalismo spesso dimenticata. Anche l’Unesco è scesa in campo per combattere le fake news sulla pandemia del coronavirus, una vera e propria valanga di disinformazioni che è stata definita “infodemia".
L'agenzia delle Nazioni Unite è preoccupata di come notizie inaffidabili e false si stiano diffondendo sempre di più in tutto il mondo e denuncia l'esistenza di vere e proprie campagne di disinformazione che possono condizionare negativamente la vita delle persone.
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