A tre anni dal referendum sulla Brexit, la vittoria schiacciante del partito Tory di Boris Johnson alle elezioni di giovedì 12 dicembre conferma due cose: non si manifesta nell’opinione dei britannici alcun ripensamento rispetto alla scelta del 2016 e, in secondo luogo, l’alternativa offerta dal Labour di Corbyn è priva di ogni minima credibilità ed efficacia.
L’esito del voto inglese testimonia ancora una volta come nella sinistra europea si stenta a trovare una via d’uscita da un’impasse oramai più che ventennale e che riguarda un po’ tutti i Paesi. La ragione fondamentale va ricercata, a nostro avviso, nel fatto che dopo gli anni Novanta la politica dei progressisti si è collocata in un’orbita di subalternità rispetto ai poteri tecnico-finanziari o si è consegnata alla deriva post-ideologica contrassegnata da un’oggettiva incapacità a ricercare soluzioni praticabili ai tanti nodi irrisolti del mondo contemporaneo.
Resta dirimente la “questione liberale”, perché è proprio con la sua testarda ritrosia ad affrontarla che la sinistra in Europa si auto-condanna al fallimento. Agli elettori essa appare incapace di governare le crisi, finendo per favorire il caos e dibattersi in contraddizioni insanabili come quella che la vede sostenere a prescindere scelte globaliste in contrasto con la difesa del lavoro e dello sviluppo.
Soltanto un metodo laico, liberale e riformatore possiede i requisiti per fornire gli strumenti atti a governare, con un processo graduale, i fenomeni scatenati dal venir meno delle prospettive promesse dalla globalizzazione.
Si tratta di un metodo che comporta la riconquista della centralità da parte della politica in quanto tale, mentre invece in questi anni a sinistra si è preferito flirtare con l’anti-politica e il populismo deteriore in tutti i settori: dall’ambientalismo alla giustizia, dall’industria all’istruzione, senza comprendere che così facendo ci si confinava nell’irrilevanza.
È augurabile che la lezione del voto inglese funzioni come un estremo monito a invertire una rotta che, finora, ha condotto solo a creare un drammatico vuoto di proposta politica.
Un vuoto del quale occorre avere timore, poiché vi può subentrare soltanto uno sconfinamento dei poteri incontrollati di corporazioni e tecno-burocrazie.
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