L’articolo di Ernesto Galli della Loggia del 23 dicembre ha la particolarità di risultare ampiamente condivisibile alla prima lettura, dal momento che denuncia un limite evidente della dialettica politica odierna: la mancanza di verità. Una verità che nessuno dei tanti promotori di novità – da Monti a Renzi, dai 5Stelle alle Sardine – ha davvero il coraggio di praticare, secondo l’editorialista, perché questo comporterebbe il rischio dell’impopolarità in quanto spingerebbe a svelare gli intrecci di interessi, piccoli e grandi privilegi oltre che l’assuefazione a una illegalità diffusa nel complesso della società italiana.
E così finisce per prevalere il “gattopardismo” di sempre, il solo “carattere” inconfondibile dell’Italia di ieri come di oggi: tutti attratti dal “nuovo”, ma solo per allocarsi meglio nella tana protetta dei vantaggi acquisiti nel tempo.
A ben vedere, tuttavia, l’articolo uscito sul «Corriere della Sera» patisce una contraddizione di fondo: con la sua denuncia, soddisfa l’esigenza di dar voce a un giudizio critico, espressione di una disposizione laica e ragionata dell’analisi politica, ma contemporaneamente depotenzia la capacità di individuare le cause che hanno portato a questo stato di cose.
Anni e anni di anti-politica, alimentata proprio anche dalla testata su cui scrive Galli della Loggia, sono stati determinanti per isterilire i pozzi di cultura politica liberale e riformatrice. È fuorviante pensare che sia mancata la verità, visto che non sono certo mancati i soggetti politici – a cominciare da Marco Pannella e da una parte dei radicali – che per tempo hanno fatto di tutto per descriverne i modi e i sistemi per occultarla. Senza andare troppo indietro nel tempo, ricordiamo il documento sulla Peste italiana (seconda edizione 2011), diffuso per le elezioni europee del 2009, che indicava con chiarezza i guasti della democrazia fittizia impostasi nel post-Yalta, con il suo portato di debito pubblico usato per garantire il consenso politico.
Ma Galli della Loggia non omette soltanto di rilevare la sistematica marginalizzazione del mondo laico, liberale, liberatario e radicale, operata in primo luogo da un sistema informativo allineato al gattopardismo delle oligarchie dominanti. Compie un’operazione più preoccupante, laddove nel suo articolo indica una responsabilità della Costituzione nello sfascio dello Stato, per poi auspicare una sua rifondazione che non esiti a dotare lo Stato “di poteri straordinari”.
Ci sembra una scorciatoia che non tiene conto di alcuni fattori. In primo luogo, sino a qualche decennio fa lo Stato e i suoi apparati non erano tutto sommato così malridotti e di certo la Costituzione era sempre la stessa. Quello che è avvenuto davvero è stato piuttosto un “discostamento” dalla lettera costituzionale di apparati fondamentali, a cominciare dall’ordine giudiziario.
Paradossalmente, ciò di cui si avverte il bisogno è piuttosto il ripristino del dettato costituzionale anziché il suo eventuale “superamento” e ciò vale anche per i vertici della Repubblica, dal momento che gli ultimi inquilini del Quirinale hanno operato - a volte costretti - ben più che degli strappi al tessuto del nostro ordinamento.
Inoltre, la stessa evocazione della necessità di misure eccezionali richiama una tentazione ricorrente nel dibattito pubblico: dai piani di rinascita democratica al governo degli onesti, è lunga la teoria delle suggestioni di quanti dimostrano per lo più allergia alla democrazia liberale e partecipata. Che è invece il solo vero antidoto al caos, proprio perché fondata su una coerenza di fondo dell’agire politico che non si lascia influenzare dalle dinamiche contraddittorie di un’impostazione facile a cedere alle derive post-ideologiche.
Soltanto il metodo pragmatico, dello scioglimento paziente dei nodi sociali, seguendo le linee guida dello Stato di diritto, rappresenta un percorso meritevole di essere intrapreso. Sino a quando tanto la politica, quanto gli intellettuali continueranno a farsi irretire da illusioni o – peggio – a sottostare alle pretese egemoniche di quanti si sentono investiti da missioni salvifiche, il gorgo tirerà sempre più a fondo il Paese.
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