Quando scoppiò la vicenda Diciotti scrivemmo subito su A.R. che, pur non condividendone le direttive politiche, non ci sembrava che si potesse incolpare sul piano penale il Ministro dell’Interno.
La questione è quanto meno spinosa, come sono sempre le vicende che finiscono con il registrare nel loro percorso autentiche tragedie.
Ma un ministro o un capo di governo o di stato non viene portato davanti al giudice penale per fatti anche enormemente più gravi, come, si fa per dire, una dichiarazione di guerra…
La questione, naturalmente interessa soprattutto per i suoi aspetti politici. Intanto l’on.le Salvini in una lettera al Corriere della Sera non solo espone la propria autodifesa, ma annuncia anche che ricorrerà alla C.E.D.U., la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il che per un sovranista sembra quanto meno una sconfitta o vogliamo dire, scherzosamente, un azzardo?
Altra questione politica investe inoltre il ruolo dell’opposizione, che non riesce a fare vera opposizione, ma poi si adatta a sollecitare un significato politico a un’iniziativa del potere giudiziario (magari per lamentarsi del fatto che la magistratura farebbe politica): storia vecchia e che spiega, o contribuisce a spiegare, perché fare opposizione qui da noi è così difficile.
Nel pensiero liberale la divisione dei poteri è momento essenziale della struttura dello stato, e non a caso oggi populisti e sovranisti amano definirsi “illiberali”, ma in Italia questo pensiero ha fatto poca strada.
In questi giorni che assai spesso si parla di liberalismo e si accusano i vincitori delle elezioni dello scorso marzo di dare colpi alla democrazia liberale, ma in effetti chi oserebbe sostenere che la nostra Repubblica sia un campione di liberalismo?
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