Certamente con contorni non definiti, ma è del tutto evidente che l’ampia diffusione in giro per l’Europa delle pretese sovraniste consegue a una evidente mancanza di un dibattito approfondito sul senso (e sui problemi) della costruzione europea. Se pensiamo all’Europa della prima metà del secolo scorso e se pensiamo all’Italia di quei tempi non possiamo non rilevare la vivacità intellettuale, la potenza dello scontro di idee, la produzione artistica…lettere, musica, arti figurative, architettura: un mondo del quale oggi non c’è più traccia.
E lo registriamo in maniera vistosa. I partiti di quel tempo sono scomparsi in Italia e in Francia, in Germania sussistono ancora, ma a parte i contrasti interni, novità interessanti non emergono e predomina un senso di ripetitività, di déja vu, di una quotidianità stanca dalla quale non emerge l’interesse per i grandi problemi.
Proprio il cosiddetto sovranismo, la novità politica (si fa per dire) di questo tempo, vive di motivi e accenti del passato e lo stentato andamento dell’azione del governo dei vincitori del 4 marzo, lo stesso ricalcarsi su iniziative e proposte e modalità operative tradizionali, conferma queste valutazioni. Lo stesso antieuropeismo che lo anima appare sfilacciato, quasi dovuto per necessità, ma alla fin fine incapace di esser preso sul serio, incapace di generare convinzioni profonde e articolate e di suscitare le passioni ed emozioni di un grande disegno politico.
Del resto anche l’europeismo gli somiglia, anche all’europeismo manca slancio, volontà di scontro, capacità di dibattere il problema di fondo della storia europea a partire dal 14 luglio del 1789, che segna l’inizio della discesa in campo dei popoli contro le monarchie, cioè contro gli stati, luoghi del potere assoluto, che nel tempo della grande rivoluzione vede i sanculotti combattere contro le coalizioni dei re e dietro gli eserciti della nuova Francia spargersi in Europa le idee della libertà: mentre il corso degli eventi nei centocinquant’anni successivi vedrà il massacro di queste idee con i popoli vestiti delle divise degli eserciti massacrarsi tra di loro sui campi di infiniti stermini.
È in queste vicende del recente passato che stanno le radici dell’Europa, con la sua storia unitaria e unica nel mondo, l’Europa oggi contornata da grandissime potenze, che almeno sinora sembra abbiano il buon senso di non fronteggiarsi parlando la lingua dei cannoni. Non sappiamo se l’Europa si unirà, anche se questo destino sembra ineludibile, ma la mancata unione già adesso mostra i segni chiari della sterilità che incombe. Sicuramente la costruzione dell’Europa rappresenta una grande svolta nella storia dei paesi europei e nella costruzione della democrazia, che è avvenuta nel quadro delle nazioni e nella conquista dell’indipendenza dei popoli. Ma proprio per questo un grande dibattito è indispensabile.
L’Unione Europea non è un nulla; ma se ha il pregio del compromesso, reca anche in sé i rischi del non essere né carne né pesce. E il sovranismo ne è uno. Anche perché colpisce la fantasia degli strateghi del bar all’angolo. Ma se i tentativi di procedere per piccoli progetti possono essere indispensabili perché i vecchi stati attuali sono strutture così complesse che qualunque cosa si tocca può creare più problemi di quanti ne risolva, tutta via essi sono anche, e forse soprattutto il ripiego causato dal timore di affrontare con decisione il problema di fondo. Se c’è una battaglia da combattere, bisogna avere il coraggio di affrontare l’avversario.
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