Il risultato delle amministrative italiane e le dinamiche della questione migranti a livello europeo animano insieme questa fine di giugno e se ne può parlare insieme.
Il problema infatti è sempre la crisi della sinistra, anche in Francia e Germania la sinistra è in crisi. Oltre al fatto che questi tre paesi rappresentano da soli quasi la metà della popolazione dell’Unione Europea e sono i responsabili della storia del Continente negli ultimi cento anni...storia unitaria.
I socialisti sono ridotti ai minimi termini in Francia e sono stati ridimensionati in Germania - alle ultime elezioni, lo scorso settembre, sono discesi al 20,5% - mentre la destra è ben presente in Francia, sia pur divisa tra i Républicains (ex gollisti) e il Front National di Marine Le Pen, mentre nella Repubblica Federale Tedesca “AfD” (Alleanza per la Germania, la recente formazione politica populista in crescita, molto scettica verso l’Europa,) nelle ultime elezioni ha raggiunto il 12,6% a livello nazionale, ma più del 20 mediamente nei quattro Laender dell’ex Rep. Dem. Tedesca (tranne Berlino).
La questione è però incandescente perché il prossimo autunno ci sono le elezioni regionali in Baviera, dove il Partito Cristiano sociale (componente essenziale del governo federale) sempre nelle elezioni dello scorso anno ha superato l’ “AfD” solo di tre punti e fa pressioni su Angela Merkel per farla diventare…sovranista. E la CDU subisce anche pressioni interne di rilievo.
Il fatto è che le sinistre in Europa, diventate “nazionali” ormai da più di un secolo ed entrate nelle “stanze dei bottoni”… sono rimaste condizionate (come già i partiti liberali, diventati liberal-nazionali) dalle logiche, dai meccanismi, dai problemi, dall’architettura istituzionale dei poteri, dai rapporti internazionali che le vecchie monarchie avevano creato nel corso di secoli. Tanto per dire, Crispi era nato mazziniano ed era finito colonialista, Mussolini era socialista, i proletari tedeschi arrivata la guerra (del 1914) si dichiaravano prima tedeschi e poi socialisti…e la fratellanza dei popoli era finita nella pace di Versailles del 1919.
Ecco perché mai come oggi si impone l’analisi di Spinelli che nello - spesso citato, ma poco capito - “Manifesto di Ventotene”, che risale al 1941 – metteva in guardia contro la tentazione di una ricostruzione - dopo la vittoria – degli stati nazionali. Ma gli stati nazionali sono stati ben ricostruiti e ora generano i sovranismi, che litigano e ne approfittano per fare bottino di facili voti… ed ecco il “Patto di Visegrad”, l’Italia di Salvini con l’aiuto di Di Maio, la minaccia di Madame Le Pen per un Macron giù nei sondaggi, gli otto paesi europei che a metà aprile rivendicano la sovranità nazionale, contro il rischio che l’Europa se ne freghi qualche spicchietto, e gli inglesi se ne vanno…
Oggi poi non è un caso che non si parli più di nazionalismo, ma di sovranismo, termine nuovo del quale nessuno sa chi sia l’inventore, ma che si è affermato da solo perchè interpreta l’essenza del problema: sovranismo perché è sulla sovranità che la questione si incentra.
L’Europa è il nuovo, l’avvenire, la speranza e per essere operativa ha bisogno di quella sovranità che i detentori del potere non sono disposti a cedere. Ma la risposta della sinistra è fiacca, generica anche quando parla di Europa. Renzi si è portato Angela Merkel ed Emmanuel Macron a Ventotene…ma Helmut Kohl, quando, caduto il comunismo, si pose il problema della riunificazione tedesca, sulla questione contattò Mitterrand, che si dichiarò favorevole, purchè si creasse una moneta unica europea… e fu l’euro; e a Kohl fu poi anche chiesto come mai avesse accettato l’euro e il Cancelliere rispose che ai tedeschi non piaceva, ma lui lo aveva voluto perché un fratello era morto in guerra…. Una storia in poche parole.
L’autunno dell’anno prossimo – come è noto - si svolgeranno le elezioni europee. E già siamo partiti male, perché l’unica vera proposta (italo–francese) per un avanzamento nell’integrazione del Continente, cioè quella delle cosiddette “liste trasnazionali” è stata gloriosamente bocciata l’autunno scorso dal Parlamento europeo (si trattava di utilizzare una parte dei seggi rimasti vuoti a causa della Brexit a dei collegi europei) e, come logica conseguenza “corporativa” essi sono stati spartiti tra i paesi dell’Unione.
Certo comincia ad emergere l’idea che queste elezioni debbano essere affrontate come una sfida al sovranismo, proprio perché è lotta all’Europa. E allora non resta che combattere a difesa dell’Europa. Ma di quale Europa? Dell’Unione Europea attuale?
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