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16/11/24 ore

23 giugno 2016 – 4 marzo 2018 cambia la storia d’Europa


  • Silvio Pergameno

Giorno dopo giorno diventa sempre più evidente che il 4 marzo resterà una data da ricordare:  la presente situazione evidenzia infatti problemi altamente complessi e richiede quindi analisi e proposte orientate su orizzonti di lungo periodo: la sconfitta del PD, ma insieme anche il flop di LeU, la vittoria mutilata di Berlusconi, l’esplosione di una protesta priva di ogni sensata proposta, una situazione balorda quanto a… governabilità, qualche desiderio di rifondazioni… quindi  l’impegno per tirar fuori  in qualche modo un governo, diciamo pure di transizione, dovrebbe esser guidato dalla consapevolezza che occorre peraltro garantire almeno un congruo periodo di riflessione. Anche perché eventi recenti aprono prospettive interessanti.

 

E, tanto per fornire sin da ora un contributo, diciamo subito che destra/sinistra sono ormai riferimenti logori, e che, in fatto, se la destra non ha motivo di ridere anche essendo arrivata prima, la sinistra piange proprio, avendo subito gli effetti sia della lunga crisi economica, sia delle modalità che – per effetto della globalizzazione – caratterizzano la ripresa, sia perché le grandi  istanze riformiste hanno ormai trovato – lungo gli ultimi cento anni - inquadramenti istituzionali nello stato sociale e quel che resta non ha più la forza trainante di un tempo. Oggi i problemi di fondo sono altri. E così i socialisti francesi si ritrovano a poco più del 6%, la socialdemocrazia tedesca sul 20% (però reagisce…), il PD al 18% e LEu a poco più del 3.

 

Bisogna però subito aggiungere che anche la destra ha le sue crisi: a parte i casi più gravi – e rischiosi - di Polonia e Ungheria - c ‘è la crescita di Alternativa per la Germania (sia pur contenuta), c’è Marine Le Pen che nelle presidenziali francesi arriva al ballottaggio e sta molto simpatica a Matteo Salvini, c’è Rajoy che per venirne in capo deve usare il bastone coi catalani, c’è Berlusconi che perde il primato con Salvini e Giorgia Meloni che fa viaggio per Budapest…

 

Volendo poi cominciare a scendere sul terreno dei fatti, dal punto di vista di chi scrive c‘è una data da cui partire: Il 23 giugno 2016, quando in Gran Bretagna si vota per il referendum sulla permanenza nell’Unione Europea: leave o remain? e vince il leave .  Ai fini della nostra narrazione più che un fatto è un antefatto, ma non privo di significato, come si vedrà.

 

Cambia però, fortunatamente, la situazione in Francia (e questa volta gli inglesi brex…iti sono fuori gioco): ed è la Francia di Macron a rilanciare il progetto europeo. Nelle presidenziali delle scorso anno poi il confronto è stato tra il candidato europeista e centrista contro l’esponente del Front National.

 

La vittoria di Macron alle presidenziali (oltre il 66% dei voti), confermata alle legislative, nelle quali il suo Movimento, En Marche, ha sfiorato il 50%: l’europeismo del nuovo Presidente, poi, è di nuovo stampo, ha natura, diremmo… governante, tiene conto del passato, non vuol tentare passi più lunghi della gamba, vuol intervenire nel campo dove gli stati nazionali fanno buchi nell’acqua….

 

È un percorso positivo, anche se necessita di una grande capacità di tener duro; e Macron lo sa. Ma intanto un alleato di prima grandezza arriva subito dalla Germania. Proprio lo scorso 4 marzo, come è stato già sottolineato giorni fa su questa Agenzia.

 

La socialdemocrazia tedesca ha aggiunto un accordo con Angela Merkel per un nuova Grande coalizione di governo, che avrà essa pure un indirizzo europeista. Il percorso è stato lungo, difficile e contrastato, forse più che una seconda Bad Godesberg. Ma alla fine l’esito è stato di alto livello, soprattutto perché l’accordo è stato confermato da un referendum tra gli iscritti. Era quanto Macron sperava. Anche se in Italia….

 

In breve: si è cercato di evidenziare che da un’Europa piena di problemi è però arrivata una novità, che ricrea fiducia: è proprio quello di cui tutti abbiamo bisogno. La Francia, che sinora era stata sempre propensa a tutelare la propria identità, ora apre al futuro e riesce ad ottenere l’adesione di una convinta socialdemocrazia tedesca, sicuramente anche perché offre prospettive di governabilità proprio sul terreno più difficile. C’è da sperare che proprio quanti qui in Italia vogliono ridare un futuro ai loro partiti non perdano l’autobus.

 

 


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