Siamo ormai al voto e ci arriviamo in una condizione di vuoto. Proprio mentre in Germania i due maggiori partiti bloccano i populisti e in Francia prende corpo il rilancio dell’Europa, qui in Italia sono mancate proposte adeguate alle sfide di oggi; e solo negli ultimi giorni, da parte di alcune forze politiche è arrivato qualche discorso sensato. Soprattutto nessuno ha aggredito il problema più grosso: quello dell’astensionismo. Qualcuno ha cercato di sfruttarlo; ma non è la stessa cosa.
Ecco: l’astensionismo avrebbe dovuto essere la preoccupazione principale di quei candidati alle elezioni che si propongono come alternativi al populismo, proprio per il fatto che l’astensionista di massanon va a votare “perché tanto sono tutti uguali”, perché in sostanza il voto è inutile: è una semplificazione populistica tipica, ma da non banalizzare, perché foriera di rischi assai gravi. Vediamone alcuni.
Il voto di domani risentirà molto del fenomeno delle migrazioni di massa; che però non può essere affrontato semplicisticamente con un “sì” o con un “no”. È un fatto molto più complesso. In Germania ad esempio vivono oggi tra i sei e i sette milioni di stranieri immigrati, di cui oltre la metà musulmani; l’efficienza tedesca li tiene allineati e coperti, come si suol dire, ed è disposta ad accoglierne ogni anno centinaia di migliaia.
Ma a ben vedere si tratta di una goccia d’acqua in mezzo al mare, perché il problema vero è quello dell’avvenire dell’Africa: occorre, dicono gli esperti, un Piano Marshall per l’Africa… Già, e chi lo fa, chi lo finanzia? Con gli Stati Uniti che hanno tirato remi in barca, a cominciare da Obama e ora con Trump più decisamente?
Il problema è sicuramente il più grosso che abbiamo davanti, perché i diretti interessati siamo noi europei… Ed allora ecco che subito si va ad impingere sulla costruzione dell’Europa. E subito il populismo finisce nel pallone: un giorno è Europa “no, un altro Europa “ni” e poi, in rapida successione, “con l’integrazione fermiamoci al punto in cui siamo” e un altro giorno ancora - dopo un eventuale successo elettorale…? Apriremo la porta a Putin, arma segreta dei populisti?
La Lega intanto non è più Lega Nord della guerra a Roma ladrona; diventa sovranista e protezionista… le nostalgie nazionaliste più pericolose… E poi il protezionismo come si concilia con la nostra economia che va bene soprattutto con le esportazioni, quando esser protezionisti significa caricare le imprese di dazi, contingenti, proibizioni , tasse, burocrazia…? mentre alle imprese serve miglior produttività, più forte competitività…? caratteri in gran parte da conquistare. Discorso vecchio, vero? Non dobbiamo chiederci come mai proprio gli Stati Uniti hanno per primi superato la crisi? grandi spazi, libertà di movimento…
E non ultimo il macigno del debito pubblico, discorso proibito a quanto pare, silenzio d’obbligo. Comunque all’interno delle istituzioni europee e dell’euro si è trovata una ragionevole soluzione elaborata di comune accordo per diluire nel tempo la riduzione di questo debito, senza massacrare di imposte i cittadini e senza ridurre pesantemente le prestazioni assicurate dai servizi sociali. Ma fuori dall’Europa e fuori dall’euro saremmo aggrediti da una massa di creditori inferociti… E ci troveremmo con la nostra liretta, sempre periclitante e ridotta a carta straccia.
Non inutile a questo punto un passo indietro. Nella rubrica “Maledetta politica” di questa settimana, Rippa ricorda la genesi del preoccupante percorso del nostro debito pubblico e il ruolo che ha avuto nel processo di regime della DC, per essere stato lo stato lo strumento operativo del quarantennio (e più) del governo e della governabilità democristiane.
La DC non chiudeva la porta in faccia a nessuno, offriva una sedia… siediti qua e vediamo cosa possiamo fare… le associazioni dei datori di lavoro da una parte, i sindacati dall’altra e in mezzo l’on.le sig. Ministro, con in mano il portafogli o meglio la stampante dei buoni del tesoro…una lezione da non dimenticare.
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