Leggere l’intervista di Massimo Rebotti a Marco Travaglio, pubblicata dal «Corriere della Sera», serve se non altro a capire una parola che può risultare ostica come “autoreferenzialità”. Non che sia anomalo che i giornalisti si intervistino tra loro, ma certo è singolare come sempre più essi si pongano al centro della scena in questi tempi di campagna elettorale.
Non è soltanto una deriva narcisistica, ma il portato di un processo che ha condotto prima ad atrofizzare la politica ed ora vede il mondo dei media giocare la parte degli influencer che imperversano sui social forum, forti dei loro followers. Ma nell’un caso, come nell’altro hanno un bel da fare a rimirarsi nello specchio, perché restano ben lontani da essere veri protagonisti.
Travaglio lamenta di dover ancora occuparsi di Berlusconi e sostiene di aver dato alle stampe l’ultima fatica allo scopo di chiarire le idee ai giovani, i quali possono considerare le accuse nei suoi confronti solo opinioni mentre invece sono sentenze.
Eppure, Travaglio per primo sa – come hanno dimostrato i comportamenti dei magistrati nel caso Consip che ha riguardato il padre di Renzi sollevato proprio dal suo giornale «Il Fatto» – che purtroppo non di rado gli atti dei tribunali rientrano sovente proprio nell’opinabile.
E se oggi il Cav. può fare la sua rentree non è dovuto alla smemoratezza degli italiani, ma proprio ad una riduzione di credibilità delle toghe determinata dal giustizialismo smaccatamente strumentale promosso dal cosiddetto circuito mediatico-giudiziario.
È interessante che Travaglio attribuisca alla sinistra italiana il ruolo di “complice” di Berlusconi, giungendo al punto di chiedersi se lo sia stata gratis. Ma forse dovrebbe chiedersi se non lo sia stato lui stesso, dal momento che venti anni di contrasto sono serviti in definitiva a garantirsi un certo protagonismo ma non certo ad alzare il gradiente di consapevolezza politica del Paese.
Tant’è che l’alternativa sulla quale punta Travaglio è ora il M5S, di cui l’ultima proposta altro non è se non un governo di ampie convergenze con PD e Liberi ed Uguali: il massimo del rinnovamento nella continuità. Tanto per non smentire Tomasi di Lampedusa e il suo Gattopardo.
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