E così Macron, dopo la conquista dell’Eliseo, ha ottenuto un vero successo alle legislative, quando si poteva anche pensare che il confronto con i partiti avrebbe potuto ridimensionare l’esito delle presidenziali. A questa tornata elettorale la vicina Repubblica era arrivata con una certa paura per una possibile vittoria dell’estrema destra di madame Le Pen, che invece ne è uscita del tutto sconfitta.
Lasciamo da parte i paroloni (trionfo, boom…), anche perché metà degli elettori non ha votato, ma cerchiamo di comprendere le ragioni dell’accaduto.
Le idee del movimento “En marche” (divenuto poi “La République en marche”) il nuovo Presidente della Repubblica le ha sobriamente esposte nel libro “Revolution” e sulla base di esse lo scorso anno ha sentito i francesi, percorrendo tutta la Francia, in un contatto con centomila cittadini, aiutato da una marea di giovani, che ne hanno accolto il messaggio. Ha avuto il sostegno del MoDem, il Mouvement Démocratique, fondato e Presieduto da da Fraçois Bayrou e di lontana ascendenza politica cattolica (Mouvement Républicain Populaire, il partito di Robert Schuman, che con Adenauer e De Gasperi avevano avviato il processo di unificazione europea).
Macron non si è presentato con un ragionato e ragionevole programma elettorale; ha rivolto un appello ai francesi perché si scuotano dal senso di decadenza del paese, legato all’annebbiamento dei veri valori della loro storia, che determina il senso di identità dolorose e di sottomissioni in cui il paese rischia di affondare. Anche l’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon ha voluto schierarsi contro questa tendenza, ma evidentemente non ha trovato le motivazioni e forse soprattutto gli accenti per farsi ascoltare.
La novità, e forse soprattutto la rivoluzione di Macron sta nel fatto che il giovane Presidente ha profondamente capito che ogni discorso nuovo andava comunque proposto in nome della Francia, se si volevano mobilitare i francesi, e lo ha fatto ribellandosi alla una triste immagine di una nazione in decadenza e sconfitta, con la prospettiva di rinchiudersi al proprio interno, nella prospettiva di un isolazionismo protetto.
La Francia non è questo, ha detto Macron; gli ideali che hanno fondato la nostra democrazia repubblicana sono universali e vanno proposti e fatti valere nel mondo globalizzato
, dal quale è impossibile estraniarsi. La Francia deve operare con questi ideali e farli valere a partire dalle nostra presenza all’ONU, nella NATO, nell’Unione Europea…
“Per la prima volta siamo giunti a fare l’unione del continente nella pace e con la democrazia… per permettere a popoli molto vicini di vivere infine in pace… l’Europa della prosperità... l’Europa della libertà - ha detto Macron - … questo volevano i padri fondatori, ma per colpa di tutti noi l’Unione europea di è illanguidita, … è un sistema che rende l’anima e gira a vuoto e i vertici dei capi di stato e di governo ne sono la caricatura”.
Già, l’Europa. “Per riprendere in mano il nostro destino, dice Macron, abbiamo bisogno dell’Europa. Dopo tanti anni i nostri dirigenti politici fanno credere che l’Europa è il problema, il responsabile di tutti i mali. Dobbiamo qui ricordare che l’Europa siamo noi?... Noi che l’abbiamo fatta e scelta?... E quando guardo il vasto mondo ho due certezze: ciò che ci unisce in Europa è più forte di ciò che ci divide e noi non abbiamo che poche possibilità di pesare di fronte alla Cina o agli Stati Uniti se non riusciamo a comprenderlo”.
Macron rilancia richiamando “dritto filo” la storia della Francia, cioè i principi e i valori politici di cui è stata portatrice e che ne hanno fatto la grandezza. “Dobbiamo uscire dalle nostre abitudini. Lo Stato, le responsabilità politiche, gli alti funzionari, i dirigenti economici, i sindacati, i corpi intermedi.” …
Siamo entrati in una nuova era, che non possiamo rifiutare: “Mondializzazione, digitale, ineguaglianze crescenti, pericolo climatico, conflitti geopolitici e terrorismo”… ”Dobbiamo agire, la soluzione è in noi”… Occorrerà tempo… Una rivoluzione democratica profonda, alla quale credo. Quella attraverso la quale, in Francia e in Europa, noi condurremo insieme la nostra rivoluzione invece che subirla”…
L’appello rivolto ai francesi è di rimboccarsi le maniche, uscendo da quella posizione di sconfitti, nella quale naufraga una classe politica che non propone nulla se non inutili richiami a ricette del secolo passato, e con la consapevolezza che non possiamo farcela da soli.
Macron innesta il discorso europeista sui problemi aperti e, senza nominarla, prospetta una nuova grandeur, in termini democratici ed europei, perché in Europa dei valori dell’illuminismo e della democrazia la portatrice è stata la Francia.
Un linguaggio nuovo, non una delle solite rimasticature del ventesimo secolo, delle solite idee, delle solite persone. E si spiega perché ha vinto le elezioni. Perché ha toccato la sensibilità dei francesi, orientandola però sul presente visto come è, stimolando l’orgoglio del francese, che ben può farsi carico dei problemi di oggi. Non piangendosi addosso.
Ovviamente di tutto questo discorso nulla è stato riferito dai nostri mezzi di comunicazione, anche se esso spiega perché nella manifestazione tenuta subito dopo l’annuncio del responso delle urne nelle elezioni presidenziali il nuovo Presidente ha voluto l’inno europeo insieme alla Marsigliese…
Il quadro politico della Francia è riuscito smantellato: ridotti sotto il 10% i socialisti, sotto il 15% il Front National, sull’11% “France insoumise” dell’estrema sinistra, al 21% gli ex gollisti che ora si chiamano Républicains… I pronostici prevedono che dopo i ballottaggi di domenica prossima l’Assemblea Nazionale registrerà una maggioranza assoluta della formazione politica di Macron.
Frutto di un discorso politico nuovo, che risponde alle domande reali del nostro tempo politico e segna un cambiamento. Un discorso che dovrebbe impegnarci tutti.
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