Le amministrative di domenica scorsa, 11 giugno, si sono concluse al primo turno con un notevole arretramento del Movimento “5 stelle”, il quale non solo non ha registrato l’elezione di alcun sindaco (del resto molto difficile in presenza di tre schieramenti consistenti, anche se spesso mascherati da liste civiche) ma non sarà nemmeno presente in alcun ballottaggio dei comuni più importanti dove si è votato.
Ovvio che subito i commenti si siano appuntati sulla crisi del… terzo incomodo, espressione del resto di un facile malcontento e più ancora della crisi dei partiti tradizionali.
E così da una parte si ritiene che ormai l’onda populistica che ha investito un po' tutto l’occidente si sia esaurita (i conservatori inglesi, arrivati primi nelle elezioni anticipate, sono senza una maggioranza propria e pieni di difficoltà e dubbi sulla Brexit; la sconfitta di Geert Wilders in Olanda, la vittoria di Macron in Francia, che offre una soluzione “convincente” alla crisi dei partiti che non tocca solo l’Italia…), mentre dall’altra si osserva che non si può fare uno stretto parallelo tra elezioni amministrative ed elezioni politiche, in quanto nelle prime contano molto i fattori locali (in particolare nelle città non grandi) e le qualità e relazioni personali, soprattutto del candidato sindaco.
E soprattutto si può osservare che nel nostro paese le ragioni del malcontento e della protesta non sono venute meno, perché è mancata una riflessione politica approfondita sulle ragioni di fondo della crisi politica dei partiti tradizionali, mentre nel resto di Europa si assiste a un progressivo isterilirsi della vita democratica nei singoli paesi, in un panorama di democrazie sempre più incapaci di misurarsi con i problemi reali del nostro tempo.
Macron in Francia si è mosso sul terreno giusto, sia pure con molta cautela e facendo appello ai valori fondamentali della “République”, dei quali ha sottolineato la portata universale e si prevede che avrà una forte maggioranza parlamentare e ha fatto appello alla necessità di proseguire nell’integrazione europea. Ma occorrerà vederlo… all’opera, nei rapporti con gli altri paesi e con il problema della sovranità nazionale da superare. Anche se è ben consapevole del fatto che il processo è lungo.
E qui da noi in Italia il confronto politico sembra svolgersi soltanto in termini elettorali; le “nuove” forze politiche in campo non sono portatrici di un dibattito approfondito e lo stesso PD, ma non meno le altre espressioni della sinistra, compresa quella prodiana, il problema non lo hanno affrontato e si muovono su premesse di altri tempi. La stessa scissione occorsa nel partito democratico ne è una prova.
Facile quindi dire che il populismo grillino è in crisi, che nei luoghi dove hanno responsabilità di governo locale i 5 stelle non brillano per avanzamenti realizzati, che litigano tra di loro, che l’idea di farsi diretti portatori delle richieste dal basso non porta da nessuna parte, che non si comprende il rapporto tra il Movimento e la consulenza strategica della “Casaleggio associati” … ma se non si risolvono i problemi di fondo e in assenza di un dibattito che ha senza dubbio caratteri storico/politici profondi, la protesta avrà sempre terreno facile su cui espandersi.
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