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16/11/24 ore

Questione giustizia, questione civile


  • Giuseppe Rippa

È la giustizia il fronte più delicato del nostro Paese? A giudicare dai nove milioni di processi penali pendenti e dalla sostanziale impossibilità ad ottenere nei processi civili il riconoscimento dei propri diritti appare proprio così. Per trovare conferma a questa interpretazione, basti pensare alle ripercussioni sulla vita reale delle persone a causa di queste gravi anomalie.

 

Si è venuta a delineare una situazione, con effetti anche nelle relazioni internazionali oltre che nella rappresentanza democratica, che rende non rinviabile un intervento sulla “questione giustizia” divenuta una vera e propria “questione civile”.

 

Scrive Biagio de Giovanni: “…prima che sia troppo tardi c'è bisogno di una riforma della giustizia. Senza di essa il rischio è di una gigantesca paralisi dell’attività amministrativa, del continuo e visibile peggioramento della qualità del ceto politico nel senso più largo, e, ancor prima, della degenerazione della sensibilità comune della società sul tema, tutte cose che si mescolano, si influenzano a vicenda, e ne vien fuori un effetto che, lo dico con qualche pena, abbassa il livello della civiltà giuridica italiana e compromette le possibilità stesse di una buona convivenza delle istituzioni”.

 

In Italia si è affermata un'idea gerarchica e corporativa, quasi come un modello organicistico, che, per mantenere insieme il Paese fuori da rischi di lacerazioni, ha dovuto far perno su un vero e proprio blocco della modernità. Le conseguenze sono state il blocco della politica (che ha fatto tutto quello che poteva fare per delegittimarsi) fino al suo logoramento e un tragico perdurare di fragilità delle nostre strutture pubbliche, delle istituzioni – diciamo dello Stato di diritto – che ci ha paralizzato. Ecco il senso della democrazia bloccata...

 

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