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17/11/24 ore

Il barcone scombinato di Grillo-Noe


  • Ermes Antonucci

Più che per la solita sparata populista sull'esistenza di una "dittatura" in Italia (che ormai passa inosservata), le parole pronunciate da Beppe Grillo ieri a Brescia in un incontro con i meetup locali stanno soprattutto facendo discutere per quello che sarebbe un accenno di autocritica. "Noi non eravamo pronti nel 2013: abbiamo incamerato chiunque dentro", avrebbe infatti detto il leader del Movimento 5 Stelle in modo confidenziale ai propri attivisti.

 

Ciò che è appena andato in scena, nel teatrino del grillismo, è in realtà solo l'ennesimo spettacolo auto-assolutorio, pensato e realizzato unicamente per mettere in quattro e quattr'otto una pietra sopra ad un passato scomodo, a tratti ridicolo, fatto di consultazioni online improvvisate e solo apparentemente democratiche, candidature di madri e figli votatisi a vicenda, litigi forsennati ed espulsioni decise dall'alto.

 

Ma non si può girare pagina senza averne prima scritto le conclusioni, ed è per questo che nel generico mea culpa lanciato da Grillo en passant, tra una grida e l'altra, quasi sperando di cogliere gli ascoltatori distratti, non si rileva alcun elemento concreto di autocritica. Perché l'ex comico genovese, con la sua uscita generica, dimostra di non voler individuare in alcun modo i tanti errori compiuti dalla compagine pentastellata e dai suoi vertici negli ultimi tre anni, né tanto meno analizzarli, ricercandone le cause e, soprattutto, profilandone le soluzioni.

 

Il gioco populistico del dilettantismo prestato alla politica, del resto, consente di fare proprio questo: di cavalcare l'onda del malcontento popolare venerando una presunta superiorità civica, morale e politica dei "semplici cittadini", ma allo stesso tempo di non esitare ad appellarsi proprio a questa amatorialità per giustificare gli evidenti limiti dell'operato di questi ingenui - ma onesti! - figuranti.

 

Ma, dunque, come intendeva Grillo governare il Paese, e scoperchiarne i suoi sistemi di potere, se con Casaleggio aveva imbarcato nel proprio partito-azienda gente pescata a caso, dai meandri del mondo digitale? E, cosa ancora più importante, come intende farlo ora, e in futuro, se nulla - a parte alcune espulsioni - è veramente cambiato all'interno del Movimento e non si intravvede alcuna volontà di esaminare in maniera seria la situazione?

 

Il grillismo, come si vede, è un pozzo senza fondo di contraddizioni. E fino a quando non saranno risolti, i rischi sono dietro l'angolo. Tornano alla mente, ad esempio, le parole di Antonio Di Pietro, che per giustificare la disgregazione della propria Idv e gli innumerevoli cambi di casacca dei suoi fidi compagni di partito ricordava il metodo che aveva utilizzato per reclutare i candidati: "Dovevo trovare migliaia di candidati in venti giorni. Giravo da solo, per le città, per i paesi, per tutta l'Italia. Andavo con il megafono a chiedere se c'era qualcuno che si riconosceva nel nostro programma ed era disposto a candidarsi con noi...". L'esito della parabola dipietrista è nota, Grillo la ricorda?

 

 


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