"Il referendum indetto da Tsipras è una cosa seria, quello proposto da Grillo una cosa ridicola": a parlare, alla vigilia del referendum greco, è il professor Paolo Becchi, ex "ideologo" del Movimento 5 Stelle, che a quanto pare non ha ancora superato la delusione di essere stato scaricato un anno e mezzo fa proprio da Beppe Grillo.
Secondo Becchi, il tanto sbandierato referendum per l'uscita dall'euro che Grillo e Casaleggio vorrebbero far votare agli italiani entro l'anno prossimo rappresenterebbe, oltre ad un fallimento politico del M5S (200mila sono state le firme raccolte per la presentazione della legge di iniziativa popolare, a dispetto dei 3 milioni attesi), un progetto irrealizzabile, "illusorio" dal punto di vista procedurale e costituzionale.
L'unico modo con cui il M5S potrebbe infatti ottenere l'indizione del referendum, nota giustamente Becchi, sarebbe quello di far approvare mediante una iniziativa di legge popolare una legge costituzionale che introduca, come avvenuto nel 1989, un referendum ad hoc , poiché non previsto dalla Costituzione.
Gli ostacoli a cui va incontro Grillo sono piuttosto evidenti: da un lato le Camere non hanno alcun obbligo di porre effettivamente in discussione il progetto di legge; dall'altro, anche se ciò avvenisse, il M5S non avrebbe mai i numeri per far approvare una legge costituzionale che permetta di istituire un referendum consultivo sull’euro (doppia votazione in entrambe le Camere a distanza non minore di tre mesi con maggioranza di 2/3, o almeno assoluta).
Laddove il Movimento riuscisse a far approvare la legge costituzionale con una maggioranza assoluta (già questa ipotesi molto remota, se non impossibile), ci sarebbe peraltro la possibilità che questa sia sottoposta a referendum confermativo, col risultato che si avrebbe una sequenza di questo genere: approvazione della legge costituzionale, poi referendum confermativo e, solo dopo questo lungo e complesso iter, l'effettivo referendum sull'euro.
Di fronte a questo scenario, Becchi definisce il referendum proposto da Grillo "una cosa ridicola", dato che mentre "domenica in Grecia si vota per davvero, a dicembre in Italia non ci sarà alcun referendum". "E verrebbe da concludere per fortuna, poiché considerato lo scarso numero di firme raccolte rispetto ai milioni di firme che si intendevano raccogliere il referendum si sarebbe potuto rivelare un pericoloso boomerang" conclude il professore senza nascondere un chiaro livore nei riguardi del leader del M5S.
Se il discorso di Becchi appare lineare, è proprio questa animosità a rivelare un approccio di fondo tutt'altro che ragionato. Si sottolinea il carattere meramente populista dell'iniziativa di Grillo, ma dall'altra parte si riconosce in maniera immediata al referendum di Tsipras il bollino della "buona" democrazia diretta, ignorando anche qui tutte le ambiguità che caratterizzano il voto greco.
Il Consiglio d'Europa (che, ricordiamo, non è un organo dell'Ue, bensì un'organizzazione internazionale che si occupa di democrazia e diritti umani) ha, per esempio, sollevato molti dubbi sulla correttezza del referendum greco e sulla sua conformità agli standard internazionali per questo tipo di consultazioni: lo stretto intervallo di tempo tra l'annuncio e il voto (inferiore a due settimane), la scarsa chiarezza del quesito referendario, l'incertezza su che cosa comporti l'esito del referendum.
Il voto greco, insomma, appare tutto tranne che una prova esemplare di deliberazione consapevole, in linea proprio con la finta democrazia diretta messa in piedi da Grillo e condivisa fino a poco tempo fa dallo stesso - ora "smemorato" - Becchi, che sembra dire alcune cose giuste solo sulla base del rancore.
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