Nella foto che illustra l’intervista rilasciata giorni fa a la Repubblica, Stefano Fassina appare sorridente: e forse è la prima volta che lo vediamo disteso dopo la, per lui non facile, decisione di lasciare il Partito democratico. Le motivazioni appaiono sintetizzate nell’annuncio (su internet) della manifestazione del 4 luglio prossimo al teatro Palladium di Roma, ove saranno presenti tra altri, Civati e Cofferati: si prende spunto dal decreto sulla scuola (e da quello sul lavoro) per auspicare l’indefettibile cambiamento al cospetto di un PD attestato ormai su posizioni che ricalcano quelle degli ultimi tempi del governo Letta e persino del Popolo della Libertà.
Fassina vuole un PD che tuteli la dignità del lavoro, la giustizia, i diritti civili e raccolga la sfida per un neoumanesimo, contenuto nei messaggi “radicali” della Dottrina sociale della Chiesa, interpretata da papa Francesco …la vera sinistra oggi è papa Francesco…uscendo dalla gabbia dell’euro che ha ucciso sinistra e democrazia… Ma è, può essere veramente questo il linguaggio del cambiamento?
Questo riecheggiare antiche polemiche del PCI anni cinquanta contro il Patto atlantico e i primi passi verso l’integrazione europea e rinnovate edizioni, rivedute e corrette, del dialogo con i cattolici di togliattiana memoria? Può rappresentare il nuovo corso di papa Francesco un’ipotesi di riferimento per la sinistra italiana ed europea?
Perché certamente si tratta per la Chiesa di un nuovo corso quello che Bergoglio sta mettendo in atto, caratterizzato da una tendenza antitemporalistica che non può che trovare il consenso di ogni tendenza progressista, ma che non sembra possa fornire indicazioni di rilievo per una sinistra che dovrebbe finalmente emanciparsi da vecchie posizioni che ne hanno caratterizzato un passato che non disdegnava giorno dopo giorno improprie vicinanze con un mondo cattolico che scivolava ogni giorno di più verso una DC, sempre più partito di potere e di temporalistici concordati.
Abbiamo su Agenzia Radicale spesso espresso valutazioni positive sull’opera del papa sudamericano, che, seguendo le indicazioni giovannee, e in particolare la distinzione tra peccato e peccatore, è alla ricerca di un dialogo con un mondo moderno oggi caratterizzato dalle battaglie per i diritti civili, un dialogo che vede cioè la modernità contrassegnata dalla centralità dell’individuo e dei suoi diritti, una modernità ben diversa da quella di un tempo, caratterizzata dalle aspirazioni del progresso delle scienze e delle tecniche e che introduce elementi dirompenti all’interno delle stesse strutture della Chiesa. Non si tratta cioè di un generico umanesimo, buono per tutto e per il contrario di tutto perché indefinito nei suoi caratteri e nelle sue scelte, ma di una scelta di grande portata, che, come si diceva, intacca senza dubbio il modo di essere del mondo cattolico.
Si tratta però di una scelta che resta pur sempre interna a questo universo e che ben lungi dal rappresentare un mondo di riferimento per la sinistra italiana ed europea, al contrario ha bisogno proprio del sostegno di una sinistra emancipata da vecchi miti e da esauste prospettive, una sinistra emancipata proprio dalle gravissime tare della nazionalizzazione subita tra fine ottocento e primi del novecento (l’unica veramente riuscita, purtroppo…) e che, proprio sulla strada delle vie nazionali al socialismo, per tentare quella italiana, si trovava costretta a fare i conti con una presenza popolare massiccia, con la quale dover fare necessariamente i conti.
Un disegno colpito a morte, tra gli anni sessanta e settanta del secolo passato, proprio dalle battaglie radicali per i diritti civili… cosicché, a ben vedere, la prospettiva cara a Stefano Fassina non sembra somigliare in alcun modo a un’ipotesi di cambiamento. Anche perché papa Francesco non fa appello in alcun modo a battaglie (liberali) per i diritti civili, ma a una diversa configurazione della dimensione cattolica, comunque ben interna allo stesso mondo e alla stessa tradizione del cattolicesimo italiano, quella francescana opposta a quella dell’inquisizione e della controriforma; un’ìpotesi di inclusione e non di condanna e di esclusione.
Alessandro Manzoni (che scrisse la storia della Colonna infame ed era nipote di Cesare Beccaria) e il cattolicesimo liberale erano già su un terreno più avanzato….Papa Francesco, che da buon sudamericano può aver anche nutrito simpatie per la Teologia della liberazione e l’antiamericanismo, compie un passo avanti concreto, che non può che essere condiviso da tutti i veri liberali, ma di tutto ha bisogno meno che del sostegno pericoloso di vecchi dialoganti, che sono finiti su strade che portavano lontano proprio dalle possibili vie di un qualche cambiamento nel mondo cattolico.
Non dice nulla a Fassina di trovarsi in compagnia con Salvini e Marine Le Pen? Il PD, partito dal Pci e dall’Ulivo non ha mai compiuto la sua Bad Godesberg. E si vede.
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