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15/11/24 ore

Impresentabili, il “cretinismo politico” della Commissione Bindi


  • Luigi O. Rintallo

Quando il Coordinamento anti-mafia lanciò la sua fatwa contro il garantismo dello scrittore Leonardo Sciascia, definendolo un “quaquaraqua”, egli replicò che quell’atto era una forma di “cretinismo politico”. E questo non tanto perché non aveva senso bollare con una qualifica infamante chi da sempre si era battuto contro Cosa Nostra, facendo del suo impegno civile la cifra distintiva della sua opera; ma perché in quel modo si contribuiva solo a intorbidare le acque favorendo in concreto il gioco della mafia.

 

Più o meno la stessa cosa è avvenuta con il pronunciamento contro i candidati “impresentabili” da parte della Commissione parlamentare presieduta da Rosy Bindi. Presentando quella lista, dove si trovava di tutto dall’accusato di furto al neo-presidente della regione Campania, che respinse la prescrizione allo scopo di pervenire a un’assoluzione piena, si è di fatto offerta l’occasione per sminuire qualsiasi serio contrasto alla criminalità organizzata.

 

Nei termini in cui è stata svolta l’operazione da parte di Rosy Bindi, si è prestato il fianco non solo all’accusa di strumentalità ma anche all’osservazione che in fondo non c’è molta differenza con chi – nei decenni passati – andava sostenendo che la mafia non esiste. Dove tutto è mafia o camorra, niente lo è per davvero. Resta da fare un’ultima considerazione.

 

Quando un premier non ha convinzioni e si affida solo al gioco degli opportunismi e degli espedienti, si ritrova come Renzi. Per lui lo stato di diritto, le garanzie sono ciarpame. Avendo posto la Bindi, campione di giustizialismo tanto al chilo, a capo dell'antimafia perché gli era comodo farlo senza preoccuparsi di altro che degli equilibri di potere interni al PD, ha ottenuto questo esito per cui ora tutti noi subiamo la farsa dei candidati cassati per decreto in spregio alla volontà del popolo elettore che, sino a prova contraria, è pur sempre sovrano.

 

 


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