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15/11/24 ore

Se l'astensionismo è l'unica risposta politica possibile ...


  • Giuseppe Rippa

Nella interpretazione di alcuni analisti politici e cosiddetti politologi l'astensionismo, in una democrazia matura, è fisiologico. In tutt'uno diminuendo la passione politica la gente va meno a votare. Per l'Italia, venuta meno la tensione per la conquista della libertà dopo la dittatura fascista e attenuatosi la pressione ideologica e assistenziale dei partiti, l'astensione è cresciuta in maniera impressionante.

 

Nel 1976 gli astenuti, più schede bianche e nulle, erano il 6,6%. Quasi marginale come dato se paragonato al 48% delle regionali 2015 a cui vanno aggiunti schede bianche e nulle (di cui non si dispongono i dati definitivi) che sono valutabili tra il 4,5 e il 5%.

 

Dunque siamo ad oltre il 50% che non vota o non esprime preferenze per nessuna delle liste presentate.

 

Che il non-voto sia una scelta legittima lo confermano le leggi 276 e 277, del 4 agosto 1993. Il diritto-dovere della costituzione, che però la legge ordinaria sanzionava se non si partecipava al voto, veniva definito in modo tale che l'espressione del voto era un diritto e non più anche un dovere.

 

Il non-voto è un modo di esprimere la propria intenzione quando le opzioni proposte sono tutte non ritenute valide. In un quadro politico sostanzialmente antidemocratico come quello italiano, le opzioni sono quasi sempre poco "appetibili".

 

Ma l'astensione è per altri un chiaro sintomo della profonda sfiducia nella politica che ha raggiunto livelli estremi.

 

Per Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera si tratta di un allarme sulla 'tenuta' della nostra democrazia. "Le cause sono molte, e più serie del «ponte» (quello del 2 giugno ndr) e del bel tempo. I privilegi, gli sprechi, i vitalizi, gli scandali che hanno macchiato la figura del consigliere regionale. Lo sfilacciarsi dei partiti tradizionali. La faida interna al Pd, culminata con lo psicodramma degli «impresentabili». La sensazione, inevitabile per l’elettore, di farsi quasi complice di un ceto politico ripiegato su se stesso, liquido, intercambiabile, con casi limite come quello delle Marche, dove il «governatore» di centrosinistra si è ricandidato con il centrodestra". Lo stesso, se non peggio, vale per il centrodestra ...

 

Ma occorre capire che sfiducia e rifiuto non hanno solo una funzione di condanna per tutti gli attori presenti al voto. Sono un chiaro segno nel quale sono contenuti altri elementi su cui bisogna riflettere.

 

In primo luogo, pure se viviamo una stagione che vede tutte le democrazie sottoposte a vere e proprie forme di logoramento, sia in termini di rappresentanza che di governabiltà, quello che emerge nella particolarità della crisi italiana è la completa assenza di strumenti di dialettica democratica reale.

 

Se meno del 50% va a votare, pure se il sistema si è dotato di antagonisti di comodo come 5Stelle o Salvini e la sua Lega, vuol dire che il fronte del logoramento è molto più vasto e profondo. In ogni caso si tratta delle conseguenze di sessant'anni di democrazia fittizia, dove solo pochi soggetti si sono attribuiti l'occupazione del potere, lo hanno trasformato in una lunga teoria di falsificazione, annullando in primo luogo ogni senso individuale e collettivo di partecipazione consapevole.

 

Qui ritorna la visione asfittica e drammatica del nostro inconsistente meccanismo democratico che dal dopoguerra in poi, dopo aver abbattuto tutte le deontologie professionali (si pensi in primo luogo al sistema informativo, economico, giudiziario) hanno favorito solo meccanismi di occupazione del potere come unica ricetta della dialettica politica.

 

Dove tutto questo possa portare non è chiaro, ma quello che si intravede è il rischio di svolte autoritarie di fronte al rischio del caos. Ecco che torna allora l'astensione. Non è solo una astensione fisiologica legata a questioni invalidanti o demografiche per la riduzione del numero di iscritti nelle liste elettorali. Non è solo apatia, indifferenza, sfiducia, o tortuosità dei meccanismi elettorali, si tratta, in un numero così elevato di milioni persone che non vanno a votare, di una scelta politica precisa che sottolinea quanto sia ridotto all'osso il gioco democratico nel nostro Paese.

 

La fotografia degli attori in campo è eterodiretta, le condizioni di praticabilità democratica non esistono più, giornali e televisioni e altri mezzi di informazione sono gli smistatori di una visibiltà viziata da omertose e corporative logiche che non consentono spazi a confronti realmente democratici.

 

Insomma esiste un astensionismo politico, molto denso di consapevolezza politica, che va studiato e analizzato. Che contiene in se una forza di alterità e di altenativa che non riesce a trovare forma di espressione proprio per il carattere verticistico e antidemocratico del nostro sistema. Ma che resta l'unica forma di speranza su cui lavorare per una rivoluzione liberale che può farci uscire dalla crisi politica italiana, europea, occidentale (nelle ovvie e diverse gradualità) senza svolte autoritarie.

 

 


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