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15/11/24 ore

La Scuola che sciopera: stesse piazze, stesso urlare


  • Antonio Marulo

Nel lavoro di un cronista lo sciopero ciclico della scuola è come l’8 marzo: basta recuperare una corrispondenza anche di 20/30/40 anni fa, cambiare le date e qualche piccolo dettaglio e l’articolo di giornata è fatto. Questo perché in Italia non cambia nulla, nemmeno il tono e le argomentazioni di certe proteste.

 

La sterile retorica si ripete infatti cristallizzata nei secoli dei secoli, tramandata di generazione in generazione, con gli ultimi studenti in ordine di tempo che fanno tanta tenerezza, mentre davanti alle telecamere dei telegiornali ripetono come un mantra, dando la sensazione di avere scarsa consapevolezza del merito delle questioni da sempre aperte, i classici più gettonati già dai propri nonni: “giù le mani dalla scuola pubblica, diritto alla studio, no alla privatizzazione, più investimenti, regolarizzazione dei precari...” (a tutti i costi e con buona pace dei criteri poco meritevoli con cui si sono formate nel tempo le graduatorie).

 

Su quest’ultimo punto, Renzi ha sventolato la sua sanatoria anciem regime dei 150mila, per suffragare la tesi di quanto fosse incomprensibile la protesta contro la #buonascuola (che agita più che mai la classe docente, soprattutto nella parte in cui si vuole dare molto potere decisionale ai presidi anche nel giudicare l’operato dei prof). Ciò a conferma di quanto sia ancora lontana #lavoltabuona per una riforma che tocchi realmente i punti nodali ben elecanti sul corriere.it da Roger Abravanel.

 

Per ora si ha la netta la sensazione di essere di fronte al solito prodotto ben confezionato dal “fenomeno” fiorentino con packaging affascinante, che nelle migliori tradizioni dei magliari napoletani (a scanso di equivoci, chi scrive è napoletano) nasconde un bel pacco vuoto.

 

Per riempirlo di sostanza, pare che il Premier, forse, chissà, sia disposto ad accettare qualche suggerimento (si salvi chi può!) dal settore oggi scioperante, per eventuali modifiche alla legge in discussione in Parlamento. Come dire: sulla priorità delle priorità, tanto strombazzata all’insediamento del Governo più di un anno fa, a Palazzo Chigi le idee non sono ancora chiare e si brancola nel buio della conservazione e delle resistenze corporative. Trattandosi della scuola, è lecito chiedersi dove sia la meraviglia.

 

 


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