La notizia che papa Francesco ha dato il benestare per la deposizione - davanti alla nuova Commissione parlamentare di inchiesta sul "caso Moro" - di monsignor Antonello Mennini, oggi nunzio apostolico in Gran Bretagna e a suo tempo particolare amico e confessore dello statista democristiano, è un fatto di rilevanza nazionale da più di un punto di vista.
Il Corriere della Sera (7 marzo), che ha riferito al riguardo con un ampio servizio, ha parlato di "notizia senza precedenti" , sottolineando la circostanza che si tratta di determinazione presa personalmente dal papa e rilevando il fatto che il papa ha scelto di far prevalere la ricerca della verità sulle regole dell’immunità diplomatica (e si tratta di un’ulteriore testimonianza del corso nuovo che il pontefice sta imprimendo alla Chiesa cattolica, come più volte si è sottolineato su A.R.).
Si deve quindi auspicare che dalla testimonianza di Mons. Mennini (che – riferisce sempre il Corriere - secondo ricostruzioni sarebbe stato il tramite di comunicazione tra i terroristi e la Santa sede nei tentativi di salvare la vita a Moro – e l’impegno di Paolo VI al riguardo fu intenso - e secondo dichiarazioni rese da Francesco Cossiga avrebbe avuto accesso alla prigione di Moro, dove avrebbe confessato e impartito l’estrema unzione allo statista) da una testimonianza del prelato possano quindi emergere elementi di grande rilievo per la ricostruzione della verità su una vicenda dalla quale il paese rimase sconvolto.
Tutti ricordiamo che dalle lettere scritte da Moro durante la prigionia emergevano precise e accorate rimostranze nei confronti delle autorità italiane per i modi tenuti nell’affrontare la sua prigionia… mentre, tanto per ricordare un'altra posizione significativa, i radicali sottolineavano il fatto che, se il rigore escludeva qualsiasi trattativa con le BR, nulla impediva che un dialogo fosse tenuto aperto.
Crediamo di poter superare un ultimo dubbio. Se fatti di grande rilevanza possono essere stati affidati da Aldo Moro al suo confessore, non è che questi potrà dedurre davanti alla Commissione di inchiesta il segreto al quale per la sua veste egli è tenuto? Tutto finirebbe allora con il sapore di uno scherzo di pessimo gusto e, a nostro avviso, papa Bergoglio non è certo figura di uomo da incorrere in un imbroglio del genere.
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