Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

16/11/24 ore

Il rapporto fra islamismo e democrazia e l’Europa


  • Silvio Pergameno

Passato lo shock del 7 gennaio, annunciate da Parigi in primo luogo e da altre capitali europee le misure immediate in materia di sicurezza, passate come “notizie” le stragi di Mariupol, tutto sembra tornare all’usual as business nel nostro continente. Tutto sembra fermarsi nell’attenzione politica sulla minaccia terroristica a un primo livello di considerazioni e di intervento, mentre nessun approfondimento viene posto in atto al livello della situazione mediorientale nel suo complesso e ancor meno sulla questione di fondo del rapporto fra islamismo e democrazia, sul quale giorni fa questa Agenzia ha pubblicato una conversazione di Anna Mahjar Barducci e Giuseppe Rippa con il prof. Khaled Fouad Allamdocente di sociologia dell’islamismo all’Università di Trieste – pubblicata su Quaderni Radicali 92 (agosto 2005), ma di stretta attualità.

 

L’attenzione al Medio Oriente è di estrema importanza proprio per affrontare i problemi sollevati dall’attacco terroristico del sette gennaio, per le connessioni con la situazione siriana e la presenza dello Stato islamico tra Siria e Iraq, in particolare con la crescita del fenomeno dei foreigns fighthters. Lo Stato Islamico infatti è un prodotto dei complessi rapporti tra le forze politiche della zona, dello scontro fra sciiti e sunniti, della politica di rivalsa contro i sunniti iracheni messa in atto – con gli USA che hanno lasciato fare, commettendo un madornale errore - da Nouri Al Maliki – presidente sciita in Iraq dopo la caduta di Saddam, che gli sciiti aveva perseguitato. Con l’Europa come sempre assente in quest’ordine di problemi, sempre attenta ai distinguo nei confronti degli americani e senza mai interrogarsi sul proprio disimpegno.

 

E veniamo all’intervista a Khaled Fouad Allam. L’islamista pone l’attenzione su un aspetto della cultura islamica, che assume grande rilievo proprio per il rapporto con la democrazia. Nella cultura islamica, dice Allam, non è stata sviluppata e approfondita la dimensione dell’individuo, proprio come soggetto della responsabilità politica. L’Occidente ci ha messo secoli e secoli per affermare la centralità dell’individuo, la sua titolarità dei diritti per il solo fatto di essere nato, l’eguaglianza e la libertà di tutti gli esseri umani, senza distinzioni di sesso, cultura, religione, razza, idee politiche…

 

L’Occidente ha così superato l’idea di appartenenza, come circonferenza entro la quale l’individuo viene definito, l’appartenenza a un gruppo che risulta caratterizzato dai principi testé ricordati. È il problema con il quale il mondo musulmano deve fare i conti, secondo Khaled Faouad Allam.

 

Naturalmente il mondo musulmano è in fermento, esistono paesi musulmani che hanno accettato le regole della democrazia, come la Turchia degli anni venti del secolo scorso, anche se oggi compie passi indietro, ma insieme registra anche dimostrazioni dal basso, come quelle di piazza Taksim a Istambul, disperse dalla polizia, che testimoniano di una resistenza popolare alla politica involutiva del governo. L’Occidente appare una meta ambitissima, masse sterminate non appaiono sedotte dai movimenti estremisti, e soprattutto l’altra metà del cielo sta prendendo consapevolezza dei propri diritti. Ed è molto probabile che l’acquisizione della centralità dell’individuo, cardine della democrazia, sia piuttosto un punto di arrivo che di partenza. È il terreno sul quale l’iniziativa occidentale ha grandi compiti da svolgere.

 

Se un giorno l’Europa saprà aprire gli occhi, cominciando a prendere atto delle conseguenze del fatto che gli USA danno sempre più a vedere di aver tirato i remi in barca, almeno per ora. Diventa così assolutamente indispensabile la presenza di una grande potenza europea, forte di cinquecento milioni di cittadini e del complesso industriale complessivo più grande del mondo, con un solo agile esercito moderno (e solo qui partirebbe un risparmio colossale), in grado, prima di tutto, di ragionare in termini attuali e di operare conseguentemente.

 

Sin qui il discorso ha sostanzialmente avuto, dato il punto di partenza di queste note, come riferimento il Medio Oriente; ma esso riguarda, anzi ha come premessa, proprio la Francia e la democrazia francese. Di cui si parlerà in prossimo intervento.

 

 


Aggiungi commento