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16/11/24 ore

Grillo, non gli resta che… il "vaffa degli onesti”


  • Ermes Antonucci

La notte dell'onestà. Lo spettacolino messo in piedi da Beppe Grillo ieri in piazza del Popolo a Roma rappresenta la quintessenza del populismo moralista sul quale il Movimento 5 Stelle ha fondato le proprie fortune, quello incentrato sulla distinzione tra "noi" e "loro", gli onesti e i disonesti, ma che di fronte ai fatti finisce per essere risucchiato dal solito vortice di contraddizioni.

 

Per smontare l'intero assetto dell'ipocrita celebrazione dell'onestà pentastellata, issata a bandiera elettorale più per nascondere il proprio vuoto di risultati e proposte politiche dopo quasi due anni di permanenza in Parlamento, basterebbe riflettere sul comandamento proferito dal puro Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera: "Se non ci fossero i politici corrotti la mafia morirebbe di fame". Uno slogan qualunquista pensato appositamente per ignorare un'altra verità, ben più basilare e significativa, che il candido e genuino popolo grillino è restio a riconoscere nella propria auto-esaltazione valoriale, ossia: se non ci fossero i corruttori (una nutrita parte di italiani), i corrotti morirebbero di fame.

 

Ma l'onestà intellettuale, nella notte dell'onestà, non è ammessa, e così sul palcoscenico della propaganda pentastellata giunge a recitare il solito coacervo di personalità "intellettuali" del nulla antagonista.

 

C'è Salvatore Borsellino, che si scaglia contro "il presidente peggiore" Giorgio Napolitano, "messo lì per garantire il silenzio sulla Trattativa" (il processo farsa in piedi per ragioni giuridiche ancora sconosciute). C'è l'ex capogruppo Paola Taverna, che dal ricordo delle proprie origini romane elabora i soliti slogan proto-razzisti ("Mi ricordo piazza Vittorio con il mercatino, adesso vai lì e ci sono solo insegne cinesi").

 

C'è Sabina Guzzanti, che per esaltare l'onestà - ma di certo non i principi liberali - incentra il proprio discorso nientedimeno che su Maria De Filippi, considerata "un male dell'umanità" perché "riduce i sentimenti a qualcosa di mercificabile".

 

Ma l'apoteosi della serata dell'onestà, ancor prima dei vaffa del supremo leader carismatico, si tocca con Alessandro Di Battista, simbolo 5 stelle nonché membro del nuovo direttorio al vertice, che dopo aver decantato la democrazia del movimento ("A Renzi non risponde un portavoce, ma tutti insieme"), in una sorta di pratica ipnotica chiede ai manifestanti di leggere la "propria" risposta, scientemente pre-confezionata e proiettata sul maxi-schermo. La recita collettiva è terrificante, così come l'indottrinamento a mo' di regime totalitario.

 

A chiudere il cerchio ci pensa ovviamente Beppe Grillo, che per celare, ancora una volta, il vuoto di proposta del movimento (in questo caso sulle possibili nomine per il Quirinale), definisce Renzi "un buffoncello che ci ricatta", prima di mandare tutti quanti a quel paese ("ma andate affanculo!"), nel tripudio generale.

 

Più che di onestà, l'ennesima notte del vaffa.

 

 


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