Già! perché di una sindrome si tratta e non di una malattia; si tratta, per l’appunto, di un complesso di sintomi che denunciano l’esistenza di una malattia. Il declinismo infatti si sostanzia di percezioni psicologiche di un andazzo negativo delle cose del mondo, per cui “si stava meglio quando si stava peggio”, “ai tempi miei il mondo era tutt’altra cosa”…in buona sostanza, una riduzione casareccia – gratta gratta - del mito dell’età dell’oro, che periodicamente si riaffaccia agli onori della cronaca.
Repubblica (di lunedì 19) dedica al tema gli interventi di due valenti giornalisti che firmano sul quotidiano, ma non sembra riescano ad essere persuasivi, perché i problemi, sui quali si intreccia la storia di questo nostro mondo di oggi, meritano di essere analizzati e descritti al più alto livello storico – politico, se si vuol trarre qualche indicazione utile a compiere almeno il primo passo avanti, che è quello di portare la discussione sul terreno giusto.
Il mondo contemporaneo, prima di tutto, presenta panorami molto diversi, nell’ambito dei quali, ad esempio, i paesi cosiddetti “emergenti” hanno registrato negli ultimi anni avanzamenti giganteschi, gli Stati Uniti sono stati il primo paese occidentale a riprendersi dalla crisi e oggi viaggiano a ritmi di crescita sostenuti, la Russia di Vladimir Putin si è messa di nuovo sulla strada di una politica di potenza tanto rischiosa quanto fuori moda….
Certo, un tramonto in Occidente c’è, sicuramente, ed è, con tutta evidenza, quello dell’Europa, l’Europa degli Stati nazionali, nella quale si registrano ogni giorno segni di declino molto reali e molto preoccupanti, legati alla perdita di ruolo internazionale, all’incapacità delle classi dirigenti di percepire persino la natura e la portata dei problemi attuali, alla persistente chiusura nei tentativi maldestri di fermarsi alla tutela di interessi visti come nazionali e che tali non sono (a cominciare dalla sicurezza)….
Il problema effettivo è questo, e di questo sembra debba valere la pena di discutere: senza andare alla ricerca di strade traverse: il romanticizzare la propria gioventù o la difficoltà di adeguarsi alle nuove tecnologie o l’idea che il mondo vada sempre peggio…: banalizzazioni che fanno girare altrove la barra del timone, distogliendo il dibattito dall’obbiettivo di fondo.
Se quindi la sindrome declinista è incapace di offrire valide considerazioni, che possano contribuire alla discussione sul futuro e alla ricerca di un percorso di speranza, la conclusione da trarre è che la prima cosa da fare sia quella di spostarsi su altro terreno, al fine di cominciare ad individuare le tappe di un viaggio possibile.
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