Giuliano Ferrara ha imperniato il suo editoriale del lunedì sulla percezione che ha l’uomo comune di Renzi: lo "sente un’occasione". Logica vorrebbe, sostiene il direttore de «Il Foglio», che uguale atteggiamento sia adottato anche dai cosiddetti opinionisti, i quali invece – obbedienti alla "moda del contropotere" - hanno cominciato a sottoporre il governo a bordate critiche. Ferrara non sbaglia a individuare nei soggetti dell’establishment un’ambigua "modalità rivoltosa" che nasconde la reale e interessata difesa dello status quo.
Del resto, su «Agenzia Radicale» questo atteggiamento è da tempo oggetto di articoli e spesso si è individuata la propensione conservatrice e reazionaria espressa tanto da alcuni giornali-partito, quanto dai presunti difensori della cosiddetta "società civile". Tuttavia, ciò non significa rimanere passivamente inerti di fronte alle iniziative del governo attuale, concedendo sempre il beneficio dell’attesa speranzosa.
Anche perché ci pare difficile riscontrare nel Presidente del consiglio tutti i positivi caratteri elencati nell’articolo di Ferrara. Al di là di una diversità d’approccio rispetto alla sinistra d’antan, non sembra ad esempio che abbia rovesciato il punto di vista del rapporto Stato/società.
Né, tanto meno, si discosti più di tanto dalle pratiche consuete di una politica usa a cedere alle pulsioni demagogiche. Riconoscergli poi un "uso non legnoso della lingua in politica", appare davvero un giudizio temerario visto che il limite più evidente del suo attivismo comunicativo consiste proprio nell’appiccicare etichette svianti ai barattoli delle sue proposte o iniziative.
Insomma, credere che l’efficienza delle istituzioni si ottenga con il superamento del bicameralismo o che i ritardi nelle decisioni dipendano dal numero degli eletti, vuol dire soltanto che si evita accuratamente di affrontare lo snodo essenziale della questione. E lo stesso avviene con la riforma della giustizia, quando si finge di trascurare del tutto il gap fondamentale rappresentato dall’eccesso di discrezionalità di una corporazione, del tutto restia a rientrare nel suo alveo originario.
O ancora con le riforme della Pubblica amministrazione e della scuola, che nemmeno ci provano a discutere di snellimento delle procedure e riduzione del numero di leggi inutili, per privilegiare annunci ad effetto che poco rispondono ai bisogni reali dei cittadini.
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