La vicenda dell'immunità parlamentare quale garanzia per i futuri senatori (riformati) sembra configurarsi ogni giorno di più come un utile strumento per porre i bastoni fra le ruote all'iter parlamentare della riforma del Senato (piaccia o non piaccia), perché, di per sé, essa non avrebbe dovuto nemmeno venir avviata, vertendo la materia del contendere su un istituto fondamentale nella configurazione concreta del principio della divisione dei poteri.
L’immunità attuale prevede l’autorizzazione della Camera di appartenenza per la privazione della libertà personale, le perquisizioni e le intercettazioni, ma non più per la sottoposizione a giudizio penale come era nella costituzione del 1948; già in sé stessa quindi rappresenta una violazione gravissima del principio della divisione dei poteri; comunque, come ha precisato proprio oggi il costituzionalista Massimo Luciani della Sapienza su Repubblica, la garanzia non tutela un privilegio personale ma l’indipendenza delle istituzioni parlamentari (dagli altri poteri, governativo e giudiziario).
Ora, certamente c’è da riflettere sul fatto che le tante malefatte del ceto politico di cui sono purtroppo piene le cronache hanno fortemente contribuito a galvanizzare le cavalcate sulle onde giustizialiste, ma la democrazia finisce in pericolo assai di più quando vengono intaccati i principi fondamentali sui quali si regge lo stato democratico, specialmente poi quando le deleghe ai pilastri vengono addirittura consacrate in norme costituzionali.
Né il compromesso raggiunto in sede parlamentare, che prevede l’immunità, delegando però il relativo giudizio alla Corte costituzionale, appare soddisfacente.
Questo giudizio infatti rappresenta proprio il momento nel quale l’immunità diventa concreta e il titolare di questo giudizio, cioè il Parlamento, non può lavarsene le mani e trincerarsi dietro la spalla di un giudice. Avvalersi di questo escamotage è la prova che molte coscienze sono turbate. Non avrà poi senso lamentarsi dello strapotere dei giudici perché esercitano funzioni di supplenza degli altri poteri, quando sono gli altri poteri ad aver costruito il percorso falso.
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