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16/11/24 ore

Gli affanni della giustizia


  • Silvio Pergameno

Il governo ha predisposto la riforma della giustizia o, meglio dal nostro punto di vista, una riforma della giustizia, perché dei temi sui quali non di rado Quaderni Radicali e Agenzia Radicale si è soffermata, nel piano del ministro Orlando, non vi è quasi traccia: due impianti che viaggiano su strade parallele, tra le quali le convergenze sembra non possano che restare tali, anche se sarebbe auspicabile una diversa prospettiva..

 

Di giustizia Quaderni Radicali e Agenzia Radicale non hanno mancato di occuparsi, soprattutto per il fatto che la giustizia italiana appare ancora molto lontana da quei principi liberali che nell’epoca moderna hanno animato il lungo percorso verso la giustizia giusta e il cui mancato rispetto a ben vedere determina le sempre più frequenti condanne da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (in particolare in materia di durata dei processi e di carcerazione preventiva).

 

Di qui il nostro interesse soprattutto per le materie della separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri (un mio amico diceva scherzando che bastava collocarli in due palazzi diversi), obbligatorietà e discrezionalità dell’esercizio dell’azione penale, carcerazione preventiva, intercettazioni, Consiglio Superiore della Magistratura, frequenza intollerabile delle fughe di notizie…

 

Il progetto del governo (un lungo intervento ieri su la Repubblica) sembra occuparsi quasi soltanto di altro e soprattutto si ispira a un’ottica radicalmente diversa. Il governo sa che la riforma della giustizia diventa un obbiettivo impossibile da perseguire se i magistrati non sono d’accordo; e sul fatto, almeno, che i cambiamenti non possano essere diretti contro la magistratura non si può non convenire.

 

Non abbiamo mai condiviso gli attacchi di politici genericamente diretti contro i giudici. Ma ciò non toglie che i provvedimenti di tanti appartenenti all’ordine giudiziario non siano criticabili e del resto all’interno della stessa magistratura esistono posizioni estremamente lontane.

 

Il governo investe già le riforme dei codici di procedura (civile e penale) per l’abbreviazione dei tempi della giustizia e di quelli del Consiglio superiore della Magistratura (per i quali si prevede anche un diverso sistema di votazione nelle elezioni dei componenti interni, al fine di ridurre il peso delle correnti), vuole allungare i tempi della prescrizione (forse fermandola al prima grado del giudizio), intervenire radicalmente sulle impugnative, prevedere l’archiviazione per i reati lievi, intervenire sui tempi di iscrizione dei reati e in materia civile, favorire la conciliazione preventiva e l’arbitrato, snellire il ricorso in Cassazione…

 

La distanza tra le due posizioni è palese. C’è, comunque un tema comune: le intercettazioni: ma anche qui il giudizio non cambia: AR e QR pensano all’art. 15 della costituzione: "La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili"; il governo cerca di mettere una pezza per i danni più gravi: evitare che le telefonate finiscano nelle ordinanze di custodia cautelare; non dare le copie alla prima udienza di stralcio.

 

Infine il tema cui forse i magistrati sono più sensibili: la responsabilità civile dei giudici, che resta comunque indiretta (il cittadino cita lo stato, che, se condannato, può rivalersi sui giudici), come in genere nei regimi democratici; e del resto al giudice l’eventuale vincitore può pignorare solo un terzo dello stipendio…

 

L’impianto governativo delle riforma quindi non si avventura sul terreno dei problemi di ordine costituzionale e dei diritti civili e umani e se la preoccupazione per i tempi della giustizia è di prim’ordine non si può però trascurare il fatto che, già per quanto finora è dato conoscere del progetto governativo, esistono almeno due punti sui quali è doveroso soffermarsi: le intercettazioni e le impugnative.

 

La segretezza della corrispondenza, quali che siano gli strumenti usati, è un pilastro della democrazia e dei diritti personali; la giustizia risponde con la necessità di affrontare i problemi gravissimi delle indagini che scaturiscono dalla concreta situazione odierna dell’ordine pubblico, esposto alle minacce della criminalità organizzata, del terrorismo internazionale, e, si può aggiungere anche, del corretto funzionamento dei pubblici apparati, messo in crisi dalla corruzione e dall’evasione fiscale. Non è facile venirne in capo.

 

Stesso discorso per i rimedi contro i provvedimenti del giudice, perché la realtà dell’andamento concreto della giustizia testimonia  che, proprio in processi che più hanno suscitato perplessità e pareri contrastanti, il giudizio di secondo grado ha portato ad annullamenti delle sentenze di primo grado e, non di rado, con motivazioni pesanti (come l’insussistenza del fatto, e cioè, in buona sostanza, il processo imbastito su teoremi). Materia complessa, dove la ragione e il torto non sono separabili con un colpo di spada.

 

Non sembra poi che l’assenza del tema della custodia cautelare, o carcerazione preventiva che dir si voglia (con espressione che, però, mette il dita sulla piaga), possa esser trascurato. Non sappiamo se il governo pensi che la questione sia da restare affidata alla costruzione di nuove carceri, in modo che ci sia posto per tutti, perché si tratta sempre di un altro fondamentale problema di democrazia, la libertà personale.

 

Se quindi è chiaro che il governo non può che essere angosciato dalla pendenza di nove milioni di processi pendenti, allora, in effetti, non sarebbe male occuparsi di questi con un provvedimento legislativo separato, magari integrato anche da un’indagine interna sul carico dei singoli uffici giudiziari.

 

La giustizia è un tema gravissimo e la gravità risulta rafforzata dalla complessità e dalla contraddittorietà stessa degli aspetti che la caratterizzano, forse più di tutto dal fatto che molte fondamentali riforme in questo campo non si possono fare senza i giudici e nemmeno con i giudici.

 

 


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