È un tema sul quale qualcosa abbiamo già scritto, che però, nonostante il gran discutere che si fa su vari punti della riforma, non pare abbia richiamato qualsivoglia interesse.
Il nuovo Senato – come quello della Germania, che con tutta evidenza ha ispirato il progetto governativo - si configura come una camera delle Regioni, o forse meglio delle autonomie, e i suoi componenti saranno consiglieri regionali e comunali; la materia delle autonomie territoriali dovrà quindi presumibilmente essere quella che maggiormente occuperà i nuovi senatori, i quali porteranno nella nuova seconda Camera la conoscenza delle materie di competenza, conoscenza veramente molto complessa e non facile da acquisire se non operandoci nel vivo, sulla base delle esperienze compiute.
Nello stesso tempo il confronto fra tutte le Regioni e tra i principali comuni (perché è facile prevedere che i ventuno senatori provenienti dai consigli comunali proverrano per lo più dai comuni maggiori) potrebbe creare una palestra di approfondimento e giungere alla formulazione di linee di condotta più solide e condivise di quanto non sia accaduto nel passato e ottenere anche quell’attenzione nel dibattito pubblico che è un forte correttivo nell’uso del potere.
Tutta l’esperienza regionale, che come è noto, non è stata molto brillante, potrà quindi risultarne rivalutata. C’è però un ma. Purtroppo le gestioni amministrative diffuse nel territorio sono venute assai di frequente agli onori della cronaca per vicende scabrose, quasi sempre originate nel vasto campo delle commistioni tra poteri pubblici e interessi privati, spesso molto cospicui, un campo nel quale la stessa correttezza dei comportamenti non è sufficiente a mantenere quelle distanze che la delicatezza della materia richiederebbe.
I capoluoghi regionali sono i centri in cui convergono interessi, prossimità, legami familiari, consuetudini, frequentazioni, abitudini connesse a legami secolari: vuoi vivere a un buon livello a Napoli? la prima cosa è riservare un palco o almeno una poltrona al teatro San Carlo…; e poi l’università, i luoghi della cultura e della politica, gli ambienti religiosi…grovigli inestricabili dove i contatti sono quotidiani. Molti dei capoluoghi sono capitali degli ex stati, tutti con una storia e una fisionomia propria e proprie convergenze…
E, proprio tenendo conto dell’esperienza passata, sarà perciò bene che quando verranno fissati i criteri e le regole per le elezioni dei futuri senatori, i caveat abbondino, al fine di evitare, e al livello più alto, il ripetersi degli inconvenienti, spesso assai gravi, di cui è costellata la storia dell’esperienza regionale nel nostro paese.
Si è discusso molto in questi giorni se riconoscere ai nuovi senatori l’immunità parlamentare, e meraviglia prima di tutto il fatto che se ne sia discusso, perché l’immunità parlamentare è strumento legato alla divisione dei poteri e non riconoscerla ai senatori avrebbe significato una capitis deminutio per i componenti della seconda Camera; così come non può che lasciare stupefatti che sia anche potuto sostenere, molto sbrigativamente che, non volendo riconoscere la garanzia ai senatori si doveva toglierla anche ai deputati, senza dimostrare un minimo di consapevolezza per la materia.
Sono temi che dimostrano il clima di scarsa maturità nel quale si sta svolgendo la discussione e l’impatto che un giustizialismo da strapazzo può avere in un ambito che tocca i principi fondamentali dello stato di diritto.
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