Arriva dall'Inghilterra una novità del massimo rilievo. Repubblica di ieri ha pubblicato passi salienti di un discorso di Tony Blair alla Confindustria inglese, parole nuove che segnano un approccio diverso alla questione del rapporto del suo paese con l'Europa ed acquistano particolare rilevanza proprio nel momento nel quale le elezioni del Parlamento europeo hanno registrato una forte componente euroscettica, soprattutto poi con quel trenta e oltre per cento ottenuto in Gran Bretagna dall'United Kingdom Independence Party.
La posizione inglese rispetto all’Europa e al processo di integrazione europea ha trovato proprio in questi giorni una formulazione molto precisa nell’intervista rilasciata da James Bone, corrispondente del Times per l’Italia, a “Quaderni Radicali” (n. 110). La tradizionale posizione inglese nei confronti del “Continente”, il mantenimento, cioè, di una politica di equilibrio tra gli stati europei, evitando la prevalenza di una “grande potenza” fosse la Francia di Napoleone o la Germania del Kaiser o di Hitler, è continuata da parte inglese anche nel secondo dopoguerra, come se nel frattempo non fosse successo niente.
Naturalmente con degli aggiornamenti e venendo incontro ad alcune esigenze dei tempi nuovi, come la creazione di una zona europea di libero scambio nella piena accettazione della premessa della pace e della collaborazione tra gli stati europei, archiviando finalmente secoli di guerre sempre più cruente e distruttrici.
Dice James Bone che quel tanto di integrazione europea, realizzato nel secondo dopoguerra, era fondato sull’asse portante rappresentato dal “condominio-guida” di Francia e Germania prima della riunificazione di quest’ultimo paese, una situazione ideale per l’Inghilterra che “poteva far sentire il proprio peso in entrambi i lati e rivestendo in tal modo un posto chiave in Europa". Situazione venuta meno con la riunificazione tedesca che ha sbilanciato la situazione preesistente, con la creazione di un potere enorme della Germania mentre la Francia non conta tanto.
“E per gli inglesi è molto difficile, per ragioni storiche, visionarsi dentro un’Europa dominata dalla Germania”, anche se – continua Bone – “in Inghilterra non ci sono partiti antitedeschi e se i tedeschi sono tra i più liberali in Europa e noi normalmente siamo dalla loro parte cercando riforme della burocrazia europea”.
Tony Blair invece è intervenuto muovendo da premesse e formulando considerazioni che si inquadrano pienamente nel discorso “filoeuropeo” e nella prospettiva della progressiva integrazione del continente. E l’ ex premier, anche se non formula proposte operative e progetta un tracciato a tempi lunghissimi, esprime una posizione radicalmente diversa da quella tradizionale del suo paese.
Blair lega il futuro della Gran Bretagna a quello dell’Europa e vuol assumere un ruolo di primo piano nella riforma dell’Europa, dibatte sul bene dell’Europa e non soltanto su quello della Gran Bretagna, perché è giunto il momento per l’Europa di riflettere sulla direzione da prendere, di come ristabilire il contatto con le istanze dei cittadini, su come cambiare per poter realizzare nella maniera migliore i propri ideali in un mondo che cambia. Le istituzioni europee sono diventate più visibili, dice Blair, e sono state nel contempo poste maggiormente sotto assedio.
C’è poi la sensazione che l’Europa fa troppo di ciò che non dovrebbe e troppo poco di ciò che dovrebbe. E continua: ci sono risultati raggiunti: un continente in pace e prospero (dove c’erano nazioni che non conoscevano quasi la prosperità). I Paesi schiacciati dall’Unione sovietica sono emersi e si sono riformati. L’ Europa dell’est e quella dell’ovest si sono riunificate. Oggi c’è l’Unione politica e il mercato più grande del mondo. Non è stato facile, ma c’è stato coraggio e lungimiranza.
In un mondo in cui la Cina e presto l’India hanno un ruolo dominante, e poi Brasile, Turchia, Indonesia…Non c’è dubbio che l’Europa abbia sempre più forti ragioni per esistere perché assieme le nazioni europee possono esercitare effettiva influenza, avere peso. Singolarmente perderanno importanza relativa. La ragione di esistere dell’Europa oggi non è la pace, ma il potere. Nel lungo periodo l’Europa dovrà realizzare una riforma radicale delle istituzioni europee.
Così Tony Blair, che non ragiona più in termini di politica internazionale e unione doganale, ma di percorso comune, di istituzioni, di riforma, di democrazia. Il salto di qualità è di rilievo anche se Blair non indica una strada attuale e rimanda a un futuro lontano e indefinito mentre questo futuro è oggi, e non da oggi. Ma non avere l’Inghilterra che rema contro sarebbe già un bel passo avanti!
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