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16/11/24 ore

L’Ucraina e… oltre l’Ucraina


  • Silvio Pergameno

Da qualche settimana l’attenzione della politica si è spostata dall’Ucraina, nonostante continui il tentativo del governo di Kiev di riprendere in mano la situazione nell’est del paese attraverso un uso abbastanza pesante della forza militare. Una contingenza che ci dovrebbe tenere tutti con il fiato sospeso, per i possibili interventi dell’esercito russo e per il rinfocolarsi della crisi che ne potrebbe seguire.

 

Ma intanto una notizia che sembra destabilizzare, fortunatamente, il quadro pessimistico innanzi delineato. Putin, giorni fa, aveva minacciato di chiudere i rubinetti dell’energia verso l’Ucraina se quest’ultima non avesse provveduto al pagamento del dovuto e l’Ucraina ha versato 786,4 milioni di dollari a Mosca (pari a 577 milioni di euro).

 

E’ la testimonianza di una complessità dei fatti-base che occorre cercare di interpretare, alla quale concorrono diversi elementi. Di fronte alle azioni “forti” avviate dal nuovo presidente ucraino Poroshenko il quale ha comunque confermato di voler dialogare con il Cremlino – la Russia non ha risposto con interventi militari diretti (si parla soltanto della presenza di “volontari” ceceni, giunti a sostenere i filorussi nell’est ucraino). Un passaggio tutt’altro che trascurabile.

 

E’ chiaro che la situazione appare condizionata dai rapporti in campo energetico tra Russia e paesi dell’Unione europea, dai dati strutturali che sono venuti di conseguenza a crearsi e non meno dal complesso dei rapporti di scamii commerciali che si sono sviluppati e che ammontano ormai a una valanga di miliardi di euro.

La crisi dei rapporti tra Kiev e Mosca, la destituzione di Yanukovich, la spinta verso occidente dell’Ucraina, la manovra del Cremlino che ha portato all’annessione della Crimea alla Russia, il silenzio dell’ONU che in un frangente di questo genere dovrebbe essere in prima fila quanto meno per superare un momento acuto della crisi…ebbene tutto questo non ha prodotto ostacoli nella continuità dello svolgimento dei rapporti commerciali ed energetici tra le parti! Ed è soprattutto il complesso dei rapporti nel campo dell’energia che nel contesto assume una posizione determinante.

 

E al riguardo è di fondamentale utilità il saggio pubblicato nell’ultimo numero di Quaderni Radicali a firma di Francesca Pisano: “Caucaso, quel confine strategico per l’Europa”, dal quale emergono fondamentali elementi di valutazione.

 

Il primo nasce dalla constatazione che nell’ambito di quelli che un tempo erano i normali canali attraverso i quali si intessevano i rapporti fra gli stati (governi, apparati militari, servizi di intelligence, diplomazia, organizzazioni internazionali, stipula e gestioni di trattati…) si è prepotentemente inserito un complesso di nuovi soggetti con autonome capacità operative di prima grandezza: i soggetti internazionali che operano nel campo dell’energia. E in presenza di una realtà di tal genere si evidenzia il fatto che nell’evoluzione dei rapporti di carattere generale nell’Europa dell’est e soprattutto del fatto che il miraggio delle libertà e del benessere che l’Europa ispira ai paesi dell’est europeo e li spinge a occidente, cioè un fattore politico di prima grandezza, i rapporti commerciali e nel campo dell’energia svolgono un ruolo articolato, con aspetti di agevolazione ma insieme anche di ostacolo rivelando capacità di intervento con le quali gli stessi stati debbono fare i conti. In un prossimo intervento ne sarà ricostruita una serie assai significativa. Al fine, comunque, di portare elementi di chiarimento nella complessa situazione attuale.

 

Appare opportuno sottolineare ancora un divario di fondo tra occidentali e Russia sulla natura di quella che da parte di Mosca viene chiamata l’espansione a oriente dell’Unione Europea. L’Unione, e molto a fatica e con infinita circospezione, accoglie una domanda di libertà e di benessere di popoli che hanno subito il peso di un regime profondamente autoritario e incapace di assicurare migliori condizioni di vita e non è animata da alcuna intenzione di mettere in atto una politica di potenza nei confronti della Russia.

 

Un’ipotesi del genere può far soltanto sorridere, quando quella dell’Europa divisa appare come una condizione di impotenza sulla scena della globalizzazione, legata alla frantumazione in una pletora di stati assolutamente privi di una dimensione in grado di assicurare una presenza efficace nel mondo e quando è in atto un impegno nel maggiore di questi stati proprio nel collaborare alla modernizzazione della Russia.

 

Ma c’è il sospetto che sia proprio il potenziale democratico dell’occidente (benché assai poco espresso) a impensierire il Cremlino e a portarlo a persistere nel tentativo di ricostruire una grande potenza eurasiatica dominante, come gli accordi doganali e militari che il governo russo sta intessendo con i nuovi stati sorti dalla dissoluzione dell’URSS ampiamente testimoniano e che la contestazione ucraina rischia di intralciare.


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