Sin dall’inizio del nuovo corso della segreteria Renzi, il tema giustizia è stato più usato per scopi opportunistici, che non affrontato in termini innovativi. Anzi, per certi versi, ha prevalso un impulso quasi restaurativo che si è manifestato già nella prima intervista di Alessia Morani, l’avvocato scelto da Renzi per ricoprire l’incarico di responsabile del partito al riguardo.
Va precisato che, rispondendo alle domande di Liliana Milella su «Repubblica», Morani è sembrata attenta soprattutto a distinguersi dal gruppo parlamentare (ancora a dominanza bersaniana), dove qualche timida apertura era affiorata relativamente alla discussione del decreto Cancellieri con il quale si limitava la carcerazione. Nell’intervista alla Morani premeva anzitutto rassicurare le istanze corporative dell’ANM che, obliquamente, prefigurava chissà quali conseguenze negative per i cittadini al solo scopo di rivendicare l’assoluta discrezionalità (sfociante nell’arbitrio) dei magistrati.
Quanto dichiarato a dicembre 2013, ha trovato un’ulteriore conferma ai primi di marzo 2014, quando i deputati si sono espressi sul messaggio che il Presidente della Repubblica ha inviato al Parlamento in ottobre. Giorgio Napolitano ha fatto ricorso a questa prerogativa presidenziale, dopo che la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha accertato in un giudizio la violazione da parte dell’Italia dell’art. 3 della Convenzione europea sulla “proibizione della tortura”.
Il verdetto, scaturito dal ricorso di alcuni detenuti nel nostro Paese, certifica le condizioni di disumanità delle nostre carceri e obbliga l’Italia a porvi rimedio entro la data del 28 maggio 2014, pena l’avvio delle procedure di risarcimento per centinaia di ricorrenti. Va rammentato che l’intervento della Cedu segue quello di quattro anni prima, quando la stessa non aveva fissato alcun termine per gli interventi ma aveva comunque già giudicato le condizioni della popolazione carceraria incompatibili coi principi fissati dalla Convenzione.
Nel suo messaggio alle Camere, il presidente Napolitano indicava l’adozione di rimedi eccezionali quali l’amnistia e l’indulto. Con la prima si otterrebbe la cancellazione dei procedimenti meno gravi in atto, mentre il secondo consentirebbe di scarcerare chi ha un residuo di pena inferiore a tre anni, decongestionando così l’affollamento nelle celle...
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