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16/11/24 ore

Un compleanno complicato: Gerhard Schröder e la politica tedesca


  • Silvio Pergameno

I festeggiamenti a palazzo Jussupov a Sanpietroburgo per il compleanno di Gehard Schröder non sono un fatto episodico, ma l’ultimo evento di un lunga storia della Germania nel secondo dopoguerra, un evento in sé modesto, ma rivestito di particolare significato per il momento nel quale è venuto in essere e che deve essere letto nell’ambito della storia della socialdemocrazia tedesca e delle tendenze politiche del paese.

 

In Germania il miraggio rappresentato dalle sconfinate pianure ad est del paese è sempre stato presente nel passato sia da epoche remote ed è stato vissuto nel secolo scorso come soluzione alla perdita delle colonie dopo la prima guerra mondiale e alla più che sostenuta espansione demografica; nel secondo dopoguerra invece è stato ripreso con prospettive e in termini molto diversi e si è articolato in due fasi: una prima che si svolge a partire dalla fine degli anni sessanta fino ai primi anni settanta e che viene denominata nuova Ostpolitik (politica verso l’Oriente) e un'altra a partire dalla riunificazione tedesca ed è tuttora in pieno svolgimento.

 

Al termine della seconda guerra mondiale, come è noto, la Germania fu divisa in quattro zone, controllate dalle quattro potenze vincitrici: nella parte orientale c’erano i sovietici, al sud gli americani a ovest i francesi e nel resto gli inglesi; la città di Berlino fu essa pure divisa tra gli occupanti. Ma subito si delineò una divisione più sostanziale, quella tra i tre occupanti occidentali che muovevano su un percorso sostanzialmente unitario e l’orientale, che se andava per i fatti suoi sulla strada dell’assimilazione di fatto al sistema sovietico (tramite partiti comunisti), come del resto avveniva per tutta l’Europa balcanica e orientale.

 

Così in breve volger di anni si addivenne alla nascita della Repubblica Federale Tedesca a ovest e della Repubblica Democratica Tedesca a est, due stati separati non soltanto sul piano istituzionale, ma su quello di fatto: uno di tendenze demoliberali l’altro pienamente comunista, uno al di qua della cortina di ferro, l’altro al di là.

 

La Repubblica Federale era una nazione che sostanzialmente si rispecchiava in una destra - i due partiti di ispirazione cristiana a destra (CDU e CSU) e la socialdemocrazia a sinistra (SPD) e c’erano poi i liberali, diciamo di centro destra, uno schieramento nel quale l’area conservatrice – che governò ininterrottamente il paese dal dopoguerra al 1969 - era nettamente filoccidentale ed europeista, mentre la socialdemocrazia contrastava questa politica rimproverando alla destra di trascurare la riunificazione nazionale e sostenendo una politica di contatti e di riavvicinamento con la Repubblica Democratica.

 

Nel 1952 Stalin propose una riunificazione delle due Germanie per creare uno stato neutrale e smilitarizzato cui Adenauer contropropose un’elezione generale sotto controllo internazionale, che Stalin rifiutò; giunti al governo i socialdemocratici nel 1969, Willy Brandt – cancelliere fino al 1972 - iniziò la cosiddetta "Ostpolitik", una nuova politica orientale per normalizzare i rapporti con la Repubblica Democratica Tedesca (vi insisteva del 1963 Egon Bahr, braccio destro di Brandt, figura chiave (Wikipedia) nell’elaborazione dei tanti patti con l’ Unione Sovietica: trattato di Mosca, e trattato di Varsavia del 1970, trattato su Berlino e accordo su transiti del 1971, trattato fondamentale del 1972 seguito dal trattato di Praga del 1973); contemporaneamente ci furono accordi con gli altri paesi dell’est.

 

Con questi trattati furono riconosciuti i confini stabiliti nelle conferenza di Yalta del 1945, si rinunciò all’uso della forza, si crearono missioni commerciali della Repubblica Federale nell’est, vennero in essere relazioni formali tra in due stati tedeschi (ma non vere ambasciate e con l’accordo che essi non si sarebbero considerati tra loro come paesi stranieri, fu permesso ai cittadini della Germania est di recarsi all’ovest in visita a parenti, si avviò un flusso di aiuti della Repubblica federale per le popolazioni di quella democratica).

 

Il cammino di questi accordi nella Repubblica Federale Tedesca non fu facile ed essi non furono bene accetti in occidente, dove ci si preoccupava, specialmente in Francia, perché si temeva un accrescimento di potenza della Germania (muovendosi cioè sempre in un’ottica strettamente nazionalistica, come era stato in precedenza e come sarà dopo, e che resta alla base dell’evoluzione nazionale della Germania e della costruzione progressiva della sua potenza economica come nuovo stato nazionale).

 

Con i successivi cancellierati socialdemocratici di Helmut Schmidt (1974 – 1982) non ci furono nuovi trattati e si proseguì nell’ambito del quadro definito da Brandt, con lo sviluppo di rapporti economici tra la Germania federale e l’est europeo, fino all’attuale condizione di interdipendenza, cui sono ancorati anche tutti i paesi europei e alla presenza di una Germania prima potenza economica del continente.

 

Questa politica della socialdemocrazia tedesca trovava il suo fondamento nel programma del congresso di Bad Godesberg del 1959, quando l’SPD abbandona ogni traccia marxista-leninista e da partito degli operai diventa partito del popolo, accettando i principi di fondo dell’economia di mercato (ben regolata, comunque), della concorrenza e della proprietà privata, con limitate nazionalizzazioni e definendo nella programmazione il compito fondamentale dello stato sul terreno economico, il tutto in un ampio programma di riforme sociali.

 

A Bad Godesberg fu tracciata anche una linea di condotta per i rapporti internazionali, imperniata sulla "difesa nazionale" da adattare alla particolare posizione della Germania e per una politica di distensione, di un effettivo disarmo controllato e di riunificazione della Germania: un tipico programma di sinistra nazionale del tutto alieno dalla volontà di contrapporre al persistente (e indefettibile?) nazionalismo francese una prospettiva europea.

 

Poi sono stati gli anni della ripresa democristiana con Helmut Kohl (1982 – 1998) e della riunificazione del paese, caduta come una pera cotta con il crollo dell’Unione Sovietica, per quanto era stata impossibile ( e inconcepibile) fino a che l’URSS stava in piedi.

 

Il compleanno di Gehard Schröder festeggiato a palazzo Jussupov scandalizza, specialmente in questo particolare momento di tensione con la vicenda ucraina, ma ha una lunga storia alle spalle: i doveri connessi all’alta carica dell’ex cancelliere in Gazprom non possono essere trascurati.

 

 


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